RICERCA PRODOTTI : {{query}}

{{errore}}
Confcommercio Veneto Notizie

PREZZI: BASTA ADDOSSARE COLPE AI “SOLITI” COMMERCIANTI

Nr. 17 del 23/09/2003

Si inasprisce la polemica sul caro prezzi, e il battage di stampa colpisce soprattutto gli operatori del commercio, indicati come la principale causa della spirale inflattiva. A dare fiato a questa visione semplicistica del problema sono anche le dichiarazioni provenienti dai vertici nazionali e locali di Confindustria.
In questo contesto si inserisce la lettera aperta scritta dal presidente della Confcommercio di Vicenza Sergio Rebecca, e diffusa agli organi di stampa locale, che ha lo scopo di ristabilire una presa di coscienza obiettiva sulle reali dinamiche che hanno causato i recenti aumenti dei listini.

Il presidente dell’Associazione industriali di Vicenza Massimo Calearo scende in campo con una improvvisa sortita per dire che i dati dell’Istat sull’inflazione non sono veritieri, che hanno avuto ragione i consumatori a proclamare lo sciopero della spesa, che il passaggio all’euro ha provocato un aumento indiscriminato dei prezzi con pesanti riflessi sui redditi delle famiglie, e poi va più in là proponendo come ricetta una forte spinta verso la liberalizzazione del commercio e dei servizi. Al di là, mi permetta il presidente Calearo, dell’analisi generica e un pò semplicistica che, secondo un esercizio piuttosto diffuso, insiste su concetti ormai rituali, che vorrebbero far ricadere le responsabilità solo sui soliti commercianti e sui soliti fornitori di servizi, depistando - lo dico con la massima serenità - da quelle che sono le reali cause del problema, ritengo giusto e opportuno puntualizzare alcuni aspetti.
Premesso che in regime di libero mercato non è possibile parlare di aumenti ingiustificati dei prezzi, visto che in un sistema del genere i prezzi sono una variabile legata alla domanda, all’offerta e alla concorrenza, al presidente Calearo, probabilmente, sfuggono i meccanismi e le normative che oggi regolano il settore distributivo a livello italiano e veneto. E non conosce, dunque, gli effetti indotti dalla cosiddetta legge Bersani, che prima ha eliminato l’obbligo dell’iscrizione al Rec, con serie ripercussioni sulla professionalità degli addetti, e poi ha liberalizzato l’attività degli esercizi di vicinato e, parzialmente nel Veneto, anche delle medie strutture. Nella nostra provincia, ad esempio, queste ultime coprono ben il 50 per cento dell’intera rete distributiva, mentre i grandi centri commerciali coprono un altro 20 per cento del mercato totale, che è la percentuale più elevata in assoluto in ambito non solo regionale ma anche italiano. E questo non può non far riflettere, nel senso che la scelta del consumatore viene ad essere squilibrata a favore della grande distribuzione, con la conseguenza di una progressiva desertificazione del commercio nelle aree più disagiate e di una chiusura massiccia dei negozi di generi alimentari nei centri storici. Se, allora, sono queste le conseguenze, bisognerebbe chiedersi se questa tanto pubblicizzata liberalizzazione faccia davvero gli interessi del consumatore. Il discorso è, invece, un altro. Purtroppo, continua questa perversa pratica del «dagli all’untore» che vorrebbe addossare ogni colpa ai commercianti; mentre non si dice mai che il commerciante resta l’ultimo anello della catena, il terminale sul quale si scaricano non solo aumenti che iniziano da altri punti della filiera, ma anche tensioni e frustrazioni spesso pilotate. Il commerciante - se non ci si crede lo si vada a chiedere agli anziani che vivono nei paesi più piccoli, in montagna, in periferia, o nei centri storici - svolge un preciso e prezioso ruolo sociale. Non solo: ma gli elementi che contribuiscono a determinare il prezzo finale di un prodotto sono diversi e non omogenei. E poi ci sono le tasse e le tariffe. Il fatto è che bar, ristoranti, negozi di frutta e verdura, pescherie, ma un po’ tutti gli esercizi commerciali denunciano forti aumenti dei costi per la sicurezza alimentare, le imposte locali, e, appunto, le tariffe. Qualche esempio ? Quella dei rifiuti a Vicenza per bar, ristoranti e negozi di frutta e verdura, è aumentata del 100 per cento; quella dell’acqua per le utenze commerciali - e quindi per alberghi e ristoranti che hanno consumi rilevanti e in cui l’aumento incide sensibilmente sui costi - del 200 per cento. Quanto all’euro io non sono molto d’accordo sul fatto che l’ingresso nell’area della moneta unica sia la causa dell’inflazione galoppante. Né mi sembra che sia stata determinante la storia dei doppi cartellini. Quanto agli svedesi e al no (risicato) dato all’euro, gli italiani e il rialzo dei prezzi non c’entrano. E’ vero, invece, che l’Europa fino ad oggi ha saputo sfornare solo regole senza essere riuscita a produrre un’autentica politica estera comune. Il resto è solo illazione.
Una cosa, invece, mi pare che emerga dallo sfogo di Calearo, e cioè la paura che gli aumenti dei prezzi finiscano per scaricarsi sulle imprese, e, allora, mi permetto di rimarcare alcune cose. Io non credo, accennavo prima, che le aziende commerciali abbiano approfittato del passaggio dalle lire all’euro per gonfiare i prezzi, ma non vedo perché questo sospetto non sia mai rivolto agli altri settori, a iniziare dalla produzione. E’ vero, invece, che la crisi globale sta mettendo in ginocchio la grande industria e in seria difficoltà la piccole e medie aziende, e che magari si preferisce nascondere questa realtà dando la colpa ai commercianti che lucrerebbero sui prezzi. La vera malattia che ha colpito il mercato, lo dice l’Istat (che non racconta bugie e non dice menzogne), è il crollo dei consumi. E io lascio da parte la soluzione, anche provocatoria, proposta dal presidente della Confcommercio nazionale Sergio Billè, di sospendere per un anno gli incentivi alle imprese per destinare queste risorse alle famiglie, e rilanciare, quindi, i consumi. Direi, invece, di non fornire più, come avviene da anni, assistenza alla parte più malata del sistema ma di creare valide forme di sostegno a quei settori di imprese che hanno dimostrato di saper produrre valore aggiunto, investimenti e nuovi posti di lavoro. La verità è che la piramide su cui si regge il sistema economico si è rovesciata e che negli ultimi anni, in controtendenza rispetto al declino dell’industria manifatturiera, è cresciuto il9 peso del terziario, diventata l’unica valvola dinamica e flessibile di un mercato in crisi. L’85 per cento dei nuovi posti di lavoro e il 51 per cento del prodotto lordo nascono qui. Dire il contrario significa fuorviare i cittadini.
Sergio Rebecca
Presidente della
Confcommercio Provinciale

Torna alla pagina precedente

Condividi su Facebook Condividi su LinkedIn Stampa pagina