mercoledì 05 novembre 2003
GIORNATA NAZIONALE CONFCOMMERCIO “A CARTE SCOPERTE” DI MARTEDI’ 14 OTTOBRE 2003
PRESIDENTE REBECCA – CONFCOMMERCIO VICENZA: “ECCO
LE RAGIONI DEI COMMERCIANTI”
“Scoprire le carte – dichiara il presidente della Confcommercio provinciale Sergio Rebecca – significa dire finalmente quale è la verità, portare le ragioni dei commercianti e porre un alt a questa campagna tanto denigratoria quanto ingiustificata e strumentale orchestrata da mesi che vorrebbe fare dei commercianti i responsabili del caro-prezzi e il capro espiatorio dell’escalation della spesa delle famiglie. Vogliamo, cioè, dire basta a questi attacchi gratuiti, a questa vere e proprie aggressioni con cui si vorrebbero, come al solito, scaricare sui commercianti responsabilità che vanno, invece, ricercate fra tutti i soggetti che operano sul mercato, iniziando dalla produzione, e fra quanti del mercato stabiliscono regole e modalità di funzionamento. Il fatto è che, in questa vicenda, hanno avuto buon gioco quelle categorie che, essendo meno visibili, sono riuscite a colpevolizzare ad arte proprio l’ultimo anello della catena, il punto terminale della filiera, quello che è costretto a subire le ripercussioni di aumenti che hanno la loro origine e la loro causa altrove. I problemi nascono dalla stessa composizione delle filiera: sono troppi i passaggi, troppi gli anelli che compongono la catena e ogni passaggio pesa sul prezzo finale, che è quello esposto dal dettagliante, con il quale si confronta direttamente il consumatore”.
“Per far cessare queste schizofreniche speculazioni e respingere queste accuse infondate basta fare un’analisi dei fattori che hanno prodotto e continuano a produrre abnormi effetti distorsivi, dai listini industriali che non ci inventiamo certo noi agli aumenti dei prezzi agricoli alla produzione, dalle tasse alle tariffe di servizi di pubblica utilità, fino a tutti gli altri elementi che incidono anche pesantemente sulla formazione del prezzo finale e che, quasi sempre, sfuggono al consumatore. E fra tutte queste componenti occorre considerare soprattutto i costi diretti di gestione dell’esercizio, quelli dei servizi bancari con un + 61 per cento dal 1996 ad oggi, dei servizi intermedi come i trasporti, e quelli pagati dall’imprenditore, appunto, per l’acqua, i prodotti energetici e lo smaltimento dei rifiuti”.
“Nel Vicentino questi aumenti si possono toccare per mano. Prendiamo l’acqua. Il piano di investimenti di oltre 147 milioni di euro promosso dall’Aato, l’Autorità d’ambito territoriale per il Bacchiglione, per migliorare la rete idrica, ha provocato un rincaro delle tariffe che, ad esempio, ad Altavilla è del + 179 per cento, e a Costabissara e a Vicenza è del + 53,2 per cento. Prendiamo lo smaltimento dei rifiuti e facciamo il confronto fra la Tarsu in vigore per tutto il 2001 e la tariffa Ronchi entrata in vigore a settembre del 2002.
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Ebbene: gli aumenti vanno dal 23,5 per cento a carico degli alberghi senza ristorazione al 46,8 dei supermercati al 98,6 dei negozi di ortofrutta e delle pescherie al 108 degli alimentari al 122,9 delle fiorerie al 126,2 di mense e birrerie al 127,2 di ristoranti, trattorie e pizzerie fino al 129,8 di bar, caffè e pasticcerie. E questo vuol dire, moltiplicando la tariffa per i metri quadrati delle superfici, che un albergo ha pagato in media 1 milione 365 mila di vecchie lire in più, che un bar ne ha sborsati 1 milione 684 mila, una birreria 3 milioni 276 mila, un ristorante quasi 5 milioni e un supermercato oltre 6. Non solo: ma controlliamo altri aumenti sempre a Vicenza. Per le assicurazioni da un anno all’altro si paga quasi il 19 per cento in più e per il biglietto del bus il 5,6 per cento”.
“Vediamo anche gli aumenti registrati sui prodotti alimentari, e perché nessuno ci possa accusare di essere faziosi partiamo dai dati rilevati dal Comune ad agosto di quest’anno rispetto ad agosto dello scorso anno, che sono ancora più favorevoli di quelli forniti dagli operatori commerciali . Ebbene: anche qui i tanto strombazzati aumenti sono spesso solo pura fantasia. Non solo non ci sono stati incrementi ma addirittura i prezzi quasi dappertutto sono calati. Parlo del prosciutto crudo (- 11,1 per cento), dell’olio di oliva e della pasta (- 7,3), del prosciutto cotto (-7,2), del burro (-6,1), del salame (- 5,8), dell’acqua minerale (-4,7), dell’asiago (- 4,2), del caffè tostato (- 1,7). E gli aumenti appaiono tutti fisiologici, nel limite quasi sempre dl tasso dell’inflazione. Si va dallo 0 assoluto dell’olio di semi, dallo 0,4 e dallo 0,9 in più rispettivamente del parmigiano reggiano e del pane al 2,9 del tonno fino a un massimo del 5,7 del grana padano. Vediamo ora quali sono le rilevazioni fatte dai commercianti: si va da un -13,6 dell’asiago a un massimo di +9,3 del parmigiano, e poi per lo più lievitazioni che si aggirano sul 3 per cento”.
“Discorso a parte – puntualizza Rebecca – meritano la frutta e la verdura dove i rincari registrati sono stati, in alcuni casi evidenti. Gli aumenti, però, sono stati all’origine della catena distributiva. Per rendersene conto basti scorrere la tabella (allegata) che riporta i prezzi rilevati al mercato ortofrutticolo di Vicenza nel luglio del 2002 e nello stesso mese di quest’anno: se i produttori agricoli, per vari motivi legati alla stagionalità, alle avversità meteorologiche o alla richiesta di determinati prodotti fuori periodo, hanno alzato il prezzo della merce, prima ancora dei consumatori sono stati i commercianti o i ristoratori a pagare di più la merce. A questi ultimi, poi, a differenza di quanto avviene in famiglia, dove il prodotto che subisce consistenti incrementi di prezzo può essere sostituito da prodotti alternativi, non è permesso più di tanto sostituire la carta del menù”.
“E poi si vuol capire una buona volta che il cliente è il primo e più importante patrimonio del commerciante e che il negoziante o il barista o il ristoratore andrebbero contro il loro interesse se prendessero in giro o ingannassero il consumatore? I furbi, che non mancano mai in nessuna categoria, potrebbero farla franca una volta, ma poi verrebbero fatalmente scoperti”.
“E ancora: non è che il commerciante, qualsiasi commerciante, con il suo esercizio singolo abbia il monopolio del mercato. La gente ha un’ampia libertà di scelta fra migliaia di punti di vendita che operano in regime di libera concorrenza, per cui chi sostiene che il consumatore può essere
gabbato dall’operatore che aumenta a suo piacimento e in modo sconsiderato i prezzi fa davvero un esercizio di malafede solo per screditare
una categoria che è sempre quella più in vista di tutte e se sgarra non sfugge al giudizio del consumatore, che paga correttamente il fisco, che rispetta le regole, che garantisce l’occupazione”.
“E per corredare con i fatti questa impossibilità dell’operatore di raggirare un consumatore che ha dinanzi a sé un ventaglio infinito di scelta, dico soltanto che in provincia di Vicenza una persona che voglia acquistare beni di largo consumo ha a disposizione fra botteghe, supermercati, superette, discount, cash and carry e ipermercati, ai quali va aggiunto il rimanente universo di distribuzione specializzata, una superficie commerciale di oltre 1510 metri quadrati per mille abitanti, esclusi i centri commerciali che coprono una superficie di quasi 68 mila metri quadrati. Ma porto un altro dato eloquente: per la grande distribuzione, quella cioè superiore ai 1500 metri quadrati, Vicenza offre una superficie di 309 metri quadrati per mille abitanti conto i 232 del Veneto. E, allora, mi pare difficile che tutti gli imprenditori di queste tipologie distributive si mettano d’accordo per applicare prezzi di cartello e cancellare la concorrenza. Anzi, in qualche caso, proprio l’eccesso di offerta rispetto ai bisogni della gente ha messo in moto una concorrenza agguerritissima che si gioca spesso sul ribasso a oltranza dei prezzi. Ed è, quindi lo scenario completamente opposto”.
“Le ragioni vere degli aumenti che hanno falcidiato il potere d’acquisto dei cittadini vanno perciò ricercate altrove e non si possono tirare fuori né gli industriali, né gli enti pubblici come Regioni, Province e Comuni, e né tanto meno i soggetti quali Ferrovie, Autostrade, Banche, Assicurazioni che, come detto, hanno provveduto con largo anticipo a maggiorare notevolmente prezzi e tariffe. Indubbiamente anche fra i commercianti qualche furbo c’è stato e probabilmente qualcuno nel cartellino ha trasformato le mille lire in un euro. Una cosa, comunque, è certa: che si è trattata di una esigua minoranza e che noi stessi, come Confcommercio, abbiamo l’interesse oltre che il dovere etico di individuare ed emarginare questi pochi furbi che non rispettano il codice deontologico della professione. Siamo noi ad aver lanciato con Re Cliente una campagna volta ad elevare la qualità del rapporto fra operatore e cliente, e, dunque, la categoria potrebbe avere solo danni da chi non osservasse le regole della professione. E’, comunque, il mercato stesso, ripeto, il primo a fare giustizia di chi si comporta scorrettamente mettendo a rischio il proprio bene primario, vale a dire la clientela. I giochetti non possono durare a lungo, la verità viene a galla velocemente e il consumatore è diventato così maturo che si orienta da solo là dove l’offerta è più conveniente e giusta. Ben venga, allora, tutto ciò che può contribuire a fare chiarezza in materia di prezzi, purché si lascino da parte le solite Cassandre e i soliti denigratori di professione. Noi siamo pronti ad affrontare la sfida”.