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mercoledì 14 agosto 2002

GELATERIE E RISTORANTI, UN’ESTATE TRA ALTI E BASSI

Indagine Ascom: maltempo e calo del turismo condizionano la stagione, ma non mancano le novità

Il gelato, quest’anno, è come la Borsa. Va su e giù. A seconda del tempo.
E si, in questa strana estate di caldi torridi e di bufere da calamità naturale, il consumo di coppe e coppette, alla crema e alla frutta, è risultato fluttuante. Pioggia e maltempo non sono la migliore compagnia , anzi sono come l’orso di piazza Affari sempre pronto di questi tempi a sferrare zampate. Se fa caldo il consumo lievita, e si superano sia pure di poco le percentuali dell’estate 2001, ma se la giornata si rabbuia e si rattrista, allora, non c’è nulla da fare, è congiuntura, si va in sofferenza, pardon, le vendite calano. Anche di un buon 5 per cento. Che non è poco. In attesa del rimbalzo tecnico, si fa per dire, propiziato da fratello sole. E’ una indagine effettuata dalla Confcommercio all’interno di una categoria in cui conta molti associati a dare la tendenza stagionale di un prodotto che piace a tutti, a piccoli e grandi, a nonni e nipotini, che è da sempre un po’ l’icona dell’estate, ma che ha terribilmente bisogno di alta pressione e di caldo. Più divampa l’afa, più si suda, più si compra e vende il gelato della bontà e del refrigerio. Ma la ricerca dell’Associazione di via Faccio non si ferma al dato economico e fa emergere altre note interessanti. Intanto i gusti: va bene l’avanguardia, vanno bene gli esperimenti, ma a trionfare sono i soliti, noti classici che non temono il trascorrere del tempo e delle mode. Altro che retrò, la domanda privilegia la nocciola e il bacio, la fragola e il limone, appunto gli intramontabili: quelli che piacevano “insaccati” e sgocciolanti nel mitico cono ai sciuscià di Vittorio De Sica del dopoguerra e che fanno impazzire in confezioni da terzo millennio anche i ragazzini, i "morosi” e le famiglie dell’era di Internet e dei cellulari per tutti. Di rincalzo, fra le new entry, si segnalano la nutella, che, nonostante le calorie, piace sempre, in vasetto da supermarket o trasformata in soavi e tenere praline, la meringata e il fiordigelato. E poi il segreto – dicono i gelatai di scuola berica – è di non fermarsi mai: la varietà (dei gusti) è importante, e se il classico non muore, anzi vince sempre, non guasta, specie se la produzione è artigianale e si fa direttamente in casa, creare proposte (di gelato) nuove e originali, magari anche strane purchè siano diverse dalla concorrenza. I nomi? Meglio non svelarli. Venite a scoprirle da noi – dicono i gelatai -. Un invito da accogliere, andando in avanscoperta (deliziosa e curiosa) di questa nuova frontiera del gelato d’assalto.
Per gli orari più gettonati dai vicentini che vanno a caccia di gelato dubbi non ce ne sono. Si preferisce (di gran lunga) la sera, dalle 19.30 all’orario di chiusura, mezzanotte e dintorni, tempo, come si diceva all’inizio, permettendo. E poi ancora: si i gelatai di casa nostra si fanno onore, si fanno in quattro per accontentare il cliente e per inventare gusti che non accontentino solo i conservatori a oltranza e diano specificità al gusto, ma a parlare di gelato doc vicentino ce ne corre.
Il gelato è gelato, un bene universale, un patrimonio senza confini. Si, si tendono a premiare i gusti locali, vedi il tiramisu, un dolce che tipico indubbiamente lo è, ma nulla di più. La novità, invece, è un’altra, e si chiama gelato vegetale, una moda che prende sempre più piede. La richiesta aumenta, e non solo da parte di chi è allergico al lattosio ma anche di chi tiene alla linea e combatte grassi e zuccheri. Oltretutto è più digeribile e fa bene alla salute, senza privare (per nulla) dei piaceri del palato. E’ fatto con farina di riso, fruttosio e acqua, con l’aggiunta di acqua, pasta di nocciola o pistacchio. Provare per credere. Il gelato alla soia, insomma, è l’emergente di quest’estate a singhiozzi che alterna il caldo alla pioggia.
E se i gelatai, tutto sommato, offrono un quadro stazionario, i ristoranti al massimo confermano la parità, come presenze, con i numeri dello scorso anno. L’indagine della Confcommercio estesa agli associati rivela cali che in qualche caso sfiorano il 20 per cento. La tipologia della clientela è un’altra dimostrazione di come il turismo a Vicenza sia in regresso: la quota maggiore sono vicentini (i vari ristoranti danno percentuali che variano dal 50 all’80 per cento), seguiti da italiani di altre province, alcuni dei quali vengono frequentemente in città per motivi di lavoro. Anche la presenza degli stranieri è dovuta più che altro a motivi di affari. Quanto al menù, valgono molto i consigli del ristoratore, al quale il cliente si rivolge con fiducia. Anche qui, però, conta la situazione metereologica: con il caldo la richiesta punta molto sui piatti freddi, pesce e verdura in testa, e poi rost-beef, carpaccio, crostacei, maxi-insalate, ma se solo si annuvola, fanno capolino subito le minestre. In buona posizione pure tagliate e grigliate e quotazioni sempre alte per i piatti tipici: il baccalà alla vicentina non conosce crisi e non fa differenze fra una stagione e l’altra. Tirano molto anche i formaggi e i salumi tipici, magari con abbinamenti originali di verdure e frutta in tema di sapori agrodolci soprattutto nei ristoranti inseriti nelle rassegne enogastronomiche. Fra le proposte nuove e inedite: il carpaccio di maiale tiepido, il melone con gamberi o all’avogado, l’insalata di coniglio con ricotta, il filetto marinato agli agrumi, il rost-beef con ciliegie.



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