GIORNALI E RIVISTE, PER LA VENDITA SERVE L’AUTORIZZAZIONE DEL COMUNE
Nr. 09 del 15/05/2001
Giornali e riviste potranno d’ora in poi essere venduti sia da punti vendita così detti “esclusivi” (le tradizionali edicole), sia da punti vendita non esclusivi (per esempio tabaccai, bar, distributori di carburante) che dovranno però scegliere tra la distribuzione di quotidiani o di periodici. E in tutti i casi, per aprire un nuovo esercizio, sarà necessario ottenere il rilascio delle prescritte autorizzazioni da parte dei Comuni. Questi i punti salienti del “Decreto legislativo recante il riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, in attuazione della legge 13 aprile 1999, n. 108”, approvato nelle scorse settimane - esattamente il 4 aprile - dal Consiglio dei Ministri.
“Questo provvedimento ci trova moderatamente soddisfatti - è il commento di Giangiuseppe Moschini, presidente provinciale dello Snag (Sindacato Nazionale Autonomo Giornalai) aderente alla Confcommercio - perché dà ragione alla nostra battaglia contro l’abrogazione del sistema programmatorio e autorizzatorio per la vendita di giornali e riviste. Per manifestare il nostro totale disaccordo rispetto a questo tentativo, che noi avevamo definito “una condanna a morte della categoria”, non abbiamo firmato il documento unitario richiesto nei mesi scorsi dal Governo. Evidentemente la “linea dura” dello Snag ha giovato, perché alla fine le nostre ragioni hanno prevalso”.
Ma cosa cambierà dopo l’introduzione della nuova normativa? Vediamolo da vicino. Innanzitutto, come già accennato, il decreto sancisce che la diffusione della stampa può avvenire attraverso le tradizionali edicole, definite “punti vendita esclusivi”, oppure attraverso “punti vendita non esclusivi” (le cui tipologie sono indicate in decreto), che però dovranno scegliere se mettere in vendita quotidiani o periodici. In tutti i casi è necessario il rilascio dell’autorizzazione da parte dei comuni evitando, come era stato ipotizzato in un primo momento, che si potesse aprire un nuovo punto vendita esclusivamente grazie ad una semplice comunicazione dell’esercente al Comune.
Il rilascio dell’autorizzazione, infatti, avviene in base ad alcuni precisi criteri (per esempio la densità della popolazione, l’entità delle vendite o le caratteristiche urbanistiche e sociali della zona) e, nel caso delle rivendite esclusive, solo se previsto da un apposito piano di localizzazione redatto dall’amministrazione locale in base alle linee di indirizzo regionali.
Tornando ai punti vendita non esclusivi, va detto che chi ha partecipato alla sperimentazione avviata nei mesi scorsi, quando già molti esercizi con altre specializzazioni hanno cominciato a distribuire quotidiani e periodici in base all’articolo 1 della legge 108/99, riceveranno di diritto l’autorizzazione alla vendita.
Se è pur vero che il decreto accoglie molte delle osservazioni mosse nei mesi scorsi dallo Snag-Confcommercio, è anche vero che non mancano alcuni lati oscuri che potrebbero dare luogo ad interpretazioni difformi. “Sarebbe stato bene - spiega Giangiuseppe Moschini - che anche le rivendite non esclusive fossero state regolate attraverso dei precisi piani di localizzazione, così come previsto per le edicole tradizionali. Risulta poi ambiguo un passaggio della legge che non prevede l’obbligo di autorizzazione per la vendita effettuata all’interno di strutture pubbliche o private rivolta unicamente al pubblico che ha accesso a tali strutture. Non vorrei - continua il presidente provinciale Snag-Confcommercio - che questo comma quanto meno ambiguo aprisse le porte ad una serie di punti vendita non autorizzati dentro a cinema, club privati, palestre e chi più ne ha più ne metta. Credo che in questo caso una apposita circolare ministeriale dovrebbe chiarire il senso del decreto “. Tutto questo per evitare, come è già capitato, che fatta la legge, trovato l’inganno.
“Ritengo in ogni caso importante - sottolinea Giangiuseppe Moschini - che questo decreto abbia riconfermato i ruoli istituzionali delle Regioni e dei Comuni e mantenuto il sistema programmatorio e autorizzatorio in questo particolare settore del commercio. Non si trattava qui, infatti, di salvaguardare diritti oramai sorpassati in un’epoca di liberalizzazioni. Si voleva e si vuole invece riconoscere il ruolo e la professionalità dei titolari delle rivendite di giornali, evitando un allargamento senza misura della rete di vendita che avrebbe comportato danni enormi a tutto il settore”.
“Ora auspichiamo - conclude Moschini - una forte coesione d’intenti delle varie componenti sindacali per presentarci compatti al rinnovo del contratto nazionale di distribuzione dei giornali”.
Diego Trevisan
Torna alla pagina precedente