QUESTA SOCIETA’ SI CASTIGA DA SOLA OBBLIGANDO A LAVORARE E NON A RIPOSARE
Nr. 17 del 01/10/2001
La Chiesa che è in Vicenza segue con viva preoccupazione il di- bat- tito, in corso non da oggi, ri- guar- do al riposo festivo, in parti- co- lare domenicale, che vede alcune nostre comunità, segnatamente Vicenza, Bassano e Schio, varia- mente atteggiate.
A livello personale non ho dif- fi- - col- tà a dichiarare la mia ignoran- za sul rapporto, evidentemente e- sistente da tempo, tra normativa vigente in materia e qualifica- zio- ne di questa o quella città come «città d’arte» o «città di turismo». Fosse anche vero che questa o quel- la qualifica comporterebbe, da parte della legge, l’autorizzazio- ne all’apertura dei negozi ed al- l’im- piego festivo del personale ad- det- to, ne deriverebbe, ai nostri occhi per un ulteriore considerazione sulla difficoltà di fare in questo Paese delle buone leggi, e sulla facilità con cui si confondono i valori culturali ed estetici ed i va- lo- ri morali, subordinando questi ultimi ad una visione prevalentemente economicistica e utilitaristica della vita.
Il riposo festivo appartiene infat- ti, da sempre, alla categoria dei va- lo- - ri morali che si estendono alla vita di tutta una comunità civile. E’ pensabile che i calendari più an- - tichi, anteriori al Decalogo di Mosè sancito nei primi, antichissi- mi documenti biblici, prescrives- se- r- o sulla pietra, sul bronzo, sui papi- ri o nelle tavolette, la coinci- den- za di tempi, religiosamente o cul- tu- ral- - mente qualificati, con il ri- poso dalle opere che un tempo si chia- ma- vano servili. Prima di esse- re oc- ca- sione di svago e piacevolezze varie, la fe- sta era e permane espressione di sosta e riposo considerati indispensabili sia al corpo sia allo spirito, non solo degli individui ma specialmente delle famiglie.
Nell’Israele odierno, stato quanto mai laico, costituito in parte consistente da non cre- denti, il riposo sabbatico, ossia festivo, assume ancora caratteri così rigorosi, che negli al- ber- - ghi si può incontrare un rifiuto alla doman- da di un lat- te bollente, o di un viaggio sui mezzi pubbli- ci, inoltrata in giorno festivo.
Per- si- no monu- men- ti cristiani, affidati alla gestione israeliana, restano chiusi allo stesso pubbli- co cristiano in tali giorno: un rigore più deci- so di quello che la Chiesa medioevale face- va raf- figurare nel- le ingenue pitture che rappresen- - tavano il «Christus dominicalis», un Cristo va- riamente fe- rito da chi si permetteva nel giorno del Signo- re occupazioni redditizie, o sem- pli- - cemente piacevoli (dall’osteria all’attività in- dicata da Dante con le parole «ciò che in ca- mera si puote»).
Personalmente ritengo che dopo aver smarrito l’antica arte del vero, buon riposo, la nostra civiltà, specialmente nei suoi risvolti più mercantili e consumistici, si castighi da sola ab- binando, per esempio, il fine settimana a stressanti spostamenti veicolari, che rendono de- primente la ripresa del lavoro il lunedì matti- na, o obbligando all’attività lavorativa una parte degli addetti al commercio, che spesso sono mamme e papà aventi diritto all’unione della famiglia almeno in un giorno settimanale: quello appunto della festa comandata da Dio e dal buon senso, prima che da normative cangianti e discutibili.
Pietro Nonis
Vescovo di Vicenza
pubblicato su «Il Giornale di Vicenza»
del 4 settembre 2001
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