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Confcommercio Veneto Notizie

GRIFFE CONTRAFFATTE: PENE PIU’ ASPRE

Nr. 17 del 01/10/2001

Una sentenza della Corte di Cassazione ha ammesso la possibilità di concorso tra il reato di ricettazione e quello di commercio di prodotti falsi

Sanzioni più pesanti per chi acquista e commercializza prodotti griffati contraffati. Una sentenza della Cassazione del giugno scorso, infatti, ha riconosciuto la possibilità di concorso fra il reato di commercio di prodotti contraffatti e ricettazione. Lconseguenza di questa decisione è un inasprimento delle pene e un conseguente giro di vite contro i produttori di falsi e chi, consapevolmente, questi falsi li commercializza.
La sentenza arriva ad anno di distanza da un altro giudizio della Cassazione che non aveva mancato di suscitare polemiche: un senegalese venditore di prodotti falsi era stato assolto dalla corte di Cassazione in quanto le merci proposte risultavano palesemente contraffatte e quindi non potevano ingenerare inganno nei confronti del consumatore (presupposto essenziale, questo, perché vi sia reato).
Un duro colpo alle industrie del lusso e ai commercianti onesti, che da anni chiedono maggiori strumenti repressivi contro un reato diventato un business anche per la malavita organizzata. La recente sentenza n. 23427 della Cassazione, quindi, è stata accolta come un passo nella giusta direzione. «La tesi del cumulo dei reati, accolta dalle Sezioni Unite, - si legge in una nota del settore legale e legislativo della Confcommercio - sicuramente garantisce una tutela maggiore dei titolari del diritto di utilizzazione del marchio e consente di reprimere in maniera più efficace fenomeni, quali la vendita di prodotti contraffatti, sicuramente dannosi per gli operatori commerciali che al contrario operano nel rispetto del diritto».
Va detto che, secondo stime attendibili, il giro d’affari dell’industria del falso vale nel mondo ben 100 mila miliardi di lire. E in questo settore l’Italia può «vantare», se così si può dire, una posizione di leadership: siamo infatti il terzo produttore mondiale di merce contraffatta, subito dopo Paesi come la Corea del Sud e Taiwan.
La stessa Confcommercio ha stimato che la contraffazione fattura ogni anno nel Belpaese più di 30 mila miliardi di lire.
Una cifra considerevole, dunque, che colpisce principalmente i settori della moda: pelletteria, abbigliamento e calzature in testa. A poco sono valsi i tentativi del detentori delle varie griffe di creare etichette anti-clone: la malavita organizzata, che ha fiutato il business, ha messo in campo sofisticati sistemi di imitazione, tanto che oramai anche occhi esperti faticano a distinguere le «patacche» dal prodotto originale. Ben vengano dunque ulteriori sentenze restrittive in tema di contraffazione.
In particolare, nella sua ultima sentenza, la Suprema Corte ha enunciato in materia seguenti principi:
• la ricezione di beni con segni o marchi falsificati è riconducibile al delitto di ricettazione;
• il reato di ricettazione di prodotti contraffatti può concorrere con quello di commercio dei medesimi.
I giudici delle Sezioni Unite Penali affermano, infatti, che le condotte delineate negli articoli 474 e 648 del codice penale sono «ontologicamente nonché strutturalmente diverse», in quanto, mentre l’articolo 474 incrimina l’acquisto e più in generale la ricezione di cose provenienti da reato; l’articolo 648 sanziona invece la detenzione per la vendita o la messa in circolazione di beni contraffatti, senza contemplare anche il momento dell’acquisto.
«Si tratta dunque - è il commento dell’ufficio legale della Confcommercio - di due con- dot- - te consecutive l’una all’altra, re- lative a momenti differenti del disegno criminoso, ed entrambe punibili, anche se potrebbe ben accadere l’ipotesi in cui una delle due fattispecie non sussiste, nel caso concreto, per l’assenza di uno degli elementi costitutivi del reato».
Si complica dunque la vita per chi si arricchisce alle spalle dei produttori e distributori di griffe, ingannando anche il consumatore finale. Anche se, secondo gli addetti ai lavori, la ricetta più semplice per dare filo da torcere ai falsari consiste nell’innalzare la qualità dei prodotti «firmati», rendendo dunque particolarmente difficile realizzare copie fedeli.

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