ATTUALIZZIAMO I PIATTI DELLA TRADIZIONE
Nr. 11 del 11/06/2002
I consigli dell’Accademico Italiano della Cucina Alfredo Pelle
Questa la scelta vincente per il ristoratore del futuro. Numerosi cuochi e titolari di pubblici esercizi hanno partecipato al corso Ascom sul tema “La qualità del servizio al cliente nell’impresa di ristorazione”
Un ristorante si ricorda non solo per le proprie specialità culinarie, ma anche per la qualità del servizio al cliente, che rappresenta un biglietto da visita importantissimo.
Per illustrare ai ristoratori vicentini i segreti che fanno di un buon ristorante un locale d’eccezione, Alfredo Pelle, Accademico Italiano della Cucina nonché noto critico enogastronomico (collabora anche con l’Espresso), ha tenuto nelle scorse settimane una serie di lezioni agli operatori, portando il proprio contributo d’esperienza all’interno del corso «La qualità del servizio al cliente nell’impresa di ristorazione», che ha visto sui banchi di scuola decine di ristoratori vicentini.
Due gli argomenti cen- tra- - li dell’intervento di ag- gior- - namento targato A- scom: le tecniche di relazione per migliorare il rapporto col cliente; la conoscenza del patrimonio culturale e gastronomico locale e i meccanismi per valorizzarlo al meglio.
Il succulento «piatto» formativo è stato poi condito con alcune chicche particolarmente apprezzate dai corsisti, come ad esempio gli aspetti che i curatori delle guide enogastronomiche italiane e internazionali valutano per giudicare un ristorante degno di essere citato: un elemento questo da non sottovalutare, visto il seguito di lettori che tante guide hanno.
Ma qual è la scelta vincente per il ristoratore del futuro? Su questo aspetto Alfredo Pelle ha indicato una strada precisa, quella di trasportare la tradizione nella contemporaneità. «Dobbiamo prima di tutto aver chiaro in mente cosa rappresenta la figura del ristoratore al giorno d’oggi - spiega - Il ristoratore è a tutti gli effetti il depositario della tradizione culinaria. E’ chiaro infatti che il pranzo o la cena in casa è sempre più semplice e fugace, perché il tempo, tanto per mangiare quanto per cucinare, diventa sempre più ridotto. Dunque oggi, a differenza di una volta, - continua Pelle - si va al ristorante per gustare i piatti della tradizione: il baccalà, il lesso la pasta e fagioli. Una cosa questa impensabile anche solo una ventina d’anni fa».
Il ristoratore, dunque, è diventato il punto di riferimento della tradizione culinaria, che va però, secondo Pelle, continuamente reinventata. «Gli ingredienti base della cucina sono cambiati, le tecniche di cottura sono sempre più complesse e questo certo influisce sul gusto. E’ chiaro dunque che una pietanza della tradizione deve soprattutto evocare il ricordo di quel piatto, perché sarà praticamente impossibile riprodurre alcuni sapori di una volta. Bisogna insomma portare nella contemporaneità i piatti della tradizione ». Sarà poi il cliente stesso a determinare se l’operazione è riuscita. «Il cliente ha dei diritti inalienabili - afferma Alfredo Pelle - è lui che decide sulla qualità di un ristorante, non certo il giudizio dei grandi luminari della gastronomia. E la prova del nove è semplice: il ristoratore sarà certo di avere soddisfatto il proprio cliente se lo vedrà tornare una seconda volta».
La bontà del cibo, in ogni caso, è solo uno degli elementi che caratterizzano un ottimo ristorante: oltre alla buona tavola conta infatti anche la suggestione che si riesce a creare con l’atmosfera del locale, lo stato d’animo del cliente e soprattutto la qualità del servizio. «In questo senso - afferma Pelle - la figura del cameriere è importantissima, perché è lui il vero mediatore tra il cuoco e il cliente: deve infatti coniugare la necessità della cucina con la volontà della sala, riuscendo a soddisfare le esigenze di entrambi».
Ed è un consumatore sempre più esigente quello che si rivolge ai ristoranti, perché oramai la «cena fuori» è diventata un appuntamento ricorrente: «La ricerca della novità da parte del cliente è costante – spiega Alfredo Pelle – e il ristoratore deve continuamente elevare il proprio livello fino ad arrivare ad un punto in cui il rischio è quello dell’esaurimento delle idee. Per questo trovo estremamente riduttivo e controproducente legare la gastronomia ad una zona troppo ristretta. Con la velocità odierna dei collegamenti è come se i territori si fossero avvicinati tra loro, e così anche la tradizione culinaria. Dunque trovo fondamentale procedere a delle fusioni tra i piatti e i gusti di aree oramai vicine: noi vicentini, per esempio, possiamo inserire nei nostri piatti anche ingredienti che una volta non ci appartenevano».
«La parola d’ordine - conclude Pelle - dovrebbe dunque essere «fusione», al punto che un giorno, la distinzione non sarà più tra tradizioni culinarie diverse ma più semplicemente tra buona e cattiva cucina».
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