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COMMERCIO AMBULANTE: GLI ULTIMI QUATTRO ANNI IN UNO STUDIO DELLA FIVA

Nr. 23 del 17/12/2002

1999-2002: la convivenza con gli ipermercati, la presenza degli extracomunitari, il Decreto Bersani. Il Presidente Ilario Sattin: “Mai tanti cambiamenti in così poco tempo”

La concorrenza della grande distribuzione, le mutate abitudini dei consumatori, la salute precaria dell’economia italiana hanno dettato sostanziali cambiamenti anche nel settore del commercio ambulante. Che ha subìto indubbiamente dei contraccolpi, ma ‘tiene’, anche nella nostra regione. Lo attesta uno studio realizzato dalla Fiva (la Federazione dei venditori ambulanti aderente a Confcommercio), su tutto il territorio nazionale, in base a dati Unioncamere relativi al secondo trimestre degli anni tra il ’99 e il 2002.
Tra i gli elementi più eclatanti, la diminuzione delle attività di generi alimentari (mai riscontrata prima), la crescita del commercio itinerante rispetto a quello a posteggio fisso e l’avanzata dei venditori cinesi. I dati raccolti sono anche il risultato del processo di riforma del settore commerciale avviato con il Decreto legislativo 114/98, meglio conosciuto come Decreto Bersani che, completato con le leggi regionali, ha portato a un aumento considerevole di autorizzazioni per il commercio ambulante anche nel nostro territorio regionale.
«Al di là di qualche ombra e di alcuni spunti negativi – dichiara Ilario Sattin, presidente della Fiva-Confcommercio del Veneto – il settore gode di buona salute». Dopo un periodo di sostanziale contrazione culminato con il 1999, infatti, il commercio ambulante sembra aver ripreso una tendenza di forte espansione: sono oltre 139 mila le imprese attualmente operanti in Italia, contro le 122.800 del luglio 1998.
Il comparto si presenta quindi abbastanza vivo e, nel quadriennio, ha fatto registrare una crescita di 16.837 imprese pari a 13 punti percentuali attribuibili quasi per intero all’aumento delle imprese a carattere itinerante. Diminuiscono invece le attività a posteggio fisso. «Un dato, questo, che nel Veneto emerge chiaramente – spiega Sattin – e che è dovuto da un lato alla contrazione del segmento alimentare che riduce considerevolmente le sue unità; dall’altro all’entrata in vigore del Decreto Bersani che elimina in modo significativo le barriere d’ingresso sia per quanto riguarda il settore non alimentare, sia per ciò che concerne il titolo amministrativo di tipo B (cioè l’autorizzazione per l’esercizio dell’attività in forma esclusivamente itinerante). In sostanza, dopo il decreto Bersani, l’accesso all’attività è divenuto più semplice. Prima bisognava sostenere un esame, dopo aver frequentato un corso, per poter esercitare; oggi non più, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari. Anche per questo nel nostro territorio è aumentata la presenza dei venditori itineranti, in particolare extracomunitari, che operano soprattutto a posteggio mobile».
Guardando al Nordest, nel 1998 le imprese a posteggio fisso erano 15.085, mentre nel 2002 sono scese a 14.472, con un saldo percentuale di –4,06%; quelle a posteggio mobile, invece, erano 2.462 e sono passate a 4.623, segnando un +87,77%.
Tendenza simile nel Veneto, anche se le imprese a posteggio fisso sono aumentate («La crescita è però poco significativa rispetto al trend degli anni passati», specifica Sattin): 6.639 erano le imprese a posteggio fisso nel 1999, mentre oggi sono 6.747; il salto più grande lo hanno fatto invece le attività a posteggio mobile, passate in un quadriennio da 1.256 a 1.906.

Settore alimentare.
In tutta Italia e soprattutto nel Nordest, diminuiscono le attività di generi alimentari, ed è forse questo il dato più eclatante dell’ultimo quadriennio. In Italia, le imprese del settore sono passate da 39.129 a 38.574, con una consistenza sostanzialmente immutata, ma con un’incidenza sul totale delle imprese dell’intero comparto che flette dal 32,2% del ‘99 al 27,6% del 2002, con una perdita secca di 4,6 punti percentuali.
«Anche nel Nordest la perdita è stata consistente: le imprese alimentari hanno registrato un calo del 4,70% – spiega Ilario Sattin – Nel Veneto in particolare, le attività del settore erano 2.730 nel ’99 (con un’incidenza sull’intero comparto del 34,58%), mentre nel 2002 sono passate a 2.564 (con un’incidenza è del 29,63%).
«A soffrire è stato in particolare l’ortofrutticolo – dichiara il presidente della Fiva-Confcommercio del Veneto – e questo soprattutto a causa della grande concentrazione di ipermercati nella nostra regione. Il settore ha risentito inoltre dell’incidenza dei costi elevati che gli operatori debbono sostenere per dotarsi delle strutture indispensabili per operare correttamente. L’ortofrutticolo ha comunque trovato nuove strade per far fronte alla concorrenza dei ‘grandi’: il rapporto qualità-prezzo è il suo punto di forza. Sono diminuite le imprese, ma quelle rimaste tengono bene. C’è anche da tener conto del fatto che quello alimentare è l’unico settore per il quale gli operatori debbono ancora frequentare un corso e sostenere un esame».
Per il resto, soprattutto se si tiene conto della crescita di altri segmenti, in primis quello dell’abbigliamento, il commercio ambulante e su aree pubbliche risulta in pieno movimento e complessivamente in crescita. Il che pone problemi di concorrenza e di capacità di restare sul mercato, soprattutto in una regione come il Veneto, dove l’incremento è stato notevole: in quattro anni le imprese sono passate da 7.895 a 8.653.

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