GIOVANI (MACELLAI) CERCASI DISPERATAMENTEù
Nr. 04 del 25/02/2003
I “vecchi” della categoria lanciano l’allarme: alle nuove generazioni questo lavoro interessa poco
Loro, la gavetta, l’hanno fatta per davvero. Magari lontano da casa, sotto gli ordini di un datore di lavoro sconosciuto, burbero ed esigente, oppure alle dipendenze del proprio padre che non faceva differenze per nessuno, tanto meno per i propri familiari. Stiamo parlando dei macellai vicentini «senior», insuperabile categoria di lavoratori genuini, preparati ed ottimisti. Una squadra di vincenti che non è disposta a farsi rubare l’esperienza dalle crisi di mercato, dalle psicosi «telediffuse» e nemmeno da una nuova e fastidiosa spina sul fianco che si chiama «mancanza di riciclo generazionale.» Insomma, questa società è in continua evoluzione, crea nuove esigenze e ne archivia delle altre: consumi ed aspirazioni lavorative, sempre in pieno mutamento, sembrano testimoniarlo. Abbiamo, così, chiesto di commentare l’argomentazione a quattro macellai vicentini associati alla Confcommercio: Giampaolo Drago di Schio, Lorenzo Longhini di Asiago, Giovannino Pivato di Poiana Maggiore e Annalisa Sperotto di Breganze.
Giampaolo Drago, titolare di una macelleria a Schio: «Questo negozio ha visto la storia di quattro generazioni: io stesso, che ora ho sessantaquattro anni, iniziai giovanissimo a far pratica presso mio nonno e mio padre. Ora ci sono i miei figli, due gemelli di trent’anni, che mi affiancano, e mi rendo conto quotidianamente di quanto sia difficile mantenere la tradizione familiare. La passione va alimentata, i miei ragazzi hanno deciso di sperimentare questo mestiere, ma in futuro non potrò farci niente se essi cambieranno idea. I giovani, oggi, provano spesso diverse strade e diventa controproduttivo cercare di trattenerli. Per ora, nella mia attività, mi ritengo fortunato: da oltre un secolo la macelleria vede proseguire la tradizione della famiglia Drago, e questo comunica affidabilità e sicurezza alla clientela. In questo settore il consumatore rimane un utente fedele, anche se le sue abitudini ed il suo approccio al mercato sono notevolmente cambiati. C’è una ritrovata attenzione alla qualità, anche a scapito di una spesa più elevata; le carni bianche vanno per la maggiore perché ritenute sicure ed in grado di accontentare tutti i gusti, dal bambino all’adulto. Noto, invece, ancora una certa tendenza alla «demonizzazione» delle carni rosse, ci vorrà del tempo per superare definitivamente la crisi che ha innescato il fenomeno «mucca pazza» in Italia. All’estero è diverso. In certi Paesi (come Olanda, Francia) viene incentivata la qualità, attraverso meccanismi che premiano l’esportazione. Inoltre si lavora in cooperative, invece qui si «corre da soli» e questo può involontariamente favorire l’attività clandestina di qualche disonesto. Insomma, anche la nostra debole politica economica ha contribuito a renderci più difficile un percorso già in salita. Per fortuna che i consumatori locali, se si fidano del loro produttore si lasciano rassicurare abbastanza facilmente.»
Lorenzo Longhini, macellaio di Asiago: «Sono ventun’anni che faccio questo lavoro: un mestiere intrapreso per caso, se devo essere sincero, e scelto in base al comodo orario che mi venne offerto a quel tempo. La passione è cresciuta piano piano, quando ho iniziato ad assaporare le prime conoscenze assimilate. Morale: dopo dieci anni di gavetta nel negozio del mio titolare, l’ho rilevato. Come ho sopperito alla mancanza di personale? Semplice, ho dato vita ad una sorta di tradizione familiare orizzontale, nel senso che ho coinvolto nell’attività mio fratello e mia sorella! Questo è un lavoro che può dare grandi soddisfazioni perché riflette la tua esperienza e il tuo fiuto commerciale, trasformandosi in un banco di prova molto stimolante. Ma, allo stesso tempo, rimane un mestiere faticoso e «totalizzante»: non credo sarebbe facile per un giovane sacrificarsi per un’attività che non «sente». Per questo la passione rimane un elemento determinante per entrare nel settore: certo, può concretizzarsi in un secondo tempo, come è successo a me, ma difficilmente ci si adatta se non si prova un forte interesse. Per quanto riguarda i gusti della clientela, specifico che, per analizzare a fondo il fenomeno, è importante sottolineare le differenze territoriali a cui è soggetto il nostro comparto. Oggi si è molto scrupolosi quando si va a fare la spesa e si esigono alimenti sani e controllati. Ma in una zona centrale e ricca come il centro di Asiago, la clientela rimane esplicitamente «d’èlite»: roastbeef e preparati vanno per la maggiore, anche per lo scarso tempo che si ha a disposizione per cucinare. Archiviati invece conigli, anatre e faraone. Nei paesi vicini, come sento dai colleghi, si cerca ancora la tradizione, invece qui si respira a pieno un’atmosfera molto vicina alla città: questo fa sì che si rovescino le abitudini in base alla propria routine. Non trascurabile, poi, il fenomeno turistico: in agosto noi lavoriamo il quadruplo di un mese normale. Per essere un buon macellaio, oggi, è necessario essere innanzitutto un buon consulente e possedere alcune precise caratteristiche umane: disponibilità, chiarezza e pulizia sono indispensabili. La presenza di mia sorella in negozio, inoltre, ha contribuito all’avvicinamento di molte clienti che sembrano gradire i consigli e le opinioni di una donna, forse vista come una fonte sicura, attendibile e solidale perché vicina alle loro esigenze e al loro stesso stile di vita.»
Giovannino Pivato, macellaio di Poiana Maggiore: «Con i miei clienti si è creato uno stabile rapporto di fedeltà. Loro sanno che prodotti ho ed io ho imparato a conoscere le loro preferenze. Ormai sono trent’anni che lavoro qui e la mia esperienza è fonte di sicurezza per il consumatore. Gli animali li macello io, direttamente, e fortunatamente riesco a vendere tutto, senza avanzare nulla. Credo, però, che questa sia una realtà prettamente locale, forse in città è diverso. I prodotti che mi vengono richiesti sono, principalmente, i preparati, ma la gente del posto continua a richiedere anche la carne tradizionale. Io ho iniziato questo mestiere in giovane età, nella macelleria di uno sconosciuto. Chi mi ha preso, a quel tempo, mi ha insegnato tutto pazientemente, facendomi iniziare dalla stalla per poi terminare in negozio. Solo dopo anni di gavetta mi sono sentito pronto a rilevare l’attività. Oggi qui, come in altri settori, non esiste più una buona scuola che formi i giovani con pazienza, realismo e concretezza. Forse è anche per questo che attualmente mancano le «vocazioni»: i ragazzi si spaventano dal sacrificio che comportano certi mestieri, ma se ne conoscessero le soddisfazioni e ne avessero una visione più completa, magari, proverebbero a misurarsi con la nostra realtà con più entusiasmo.»
Annalisa Sperotto, macellaia di Breganze: «Sono quarant’anni che faccio la macellaia. Il negozio era di mio padre, poi è passato a me con naturalezza. Da qualche tempo ho problemi ad un braccio dunque ho dovuto assumere un ragazzo che mi aiuti: mi ritengo fortunata perché so che non ce ne sono molti disposti a fare seriamente questo mestiere. D’altra parte non è facile nemmeno per noi che ci lavoriamo da tempo con passione! I costi di gestione e di pulizia sono notevoli, il tempo libero molto ridotto e le crisi di mercato sempre in agguato! Se si ha la convinzione delle proprie aspirazioni ed un carattere forte, allora si vive tutto con più tenacia e si sopportano le difficoltà. Io ho fatto così, il mio carattere e la mia serietà si sono imposti e hanno saputo conquistare la clientela. E poi bisogna offrire prodotti di qualità che non bisticcino con un prezzo troppo alto: è importante saper gestire questo meccanismo. A Breganze vendo carni tradizionali, carni bianche e molti preparati. Insomma, un po’ di tutto. Il consumatore, in genere, è fedele ma io non ho la pretesa che lo sia a tutti i costi: il mondo è cambiato, la gente gira e sperimenta giustamente nuove realtà commerciali. Un po’ come si fa con i vestiti, no? Certo, se vivi in un paese di provincia puoi ancora coltivare un rapporto diretto e continuativo con il negoziante di fiducia. Ma è bene non dare mai nulla per scontato. L’effetto di una presenza femminile in macelleria? Determinante! Se non ci fossero state le donne, questo settore non avrebbe saputo rilanciare adeguatamente la propria immagine. Siamo noi che abbiamo l’economia familiare nel sangue, quel senso di pulizia e quell’attenzione estetica che hanno saputo rendere la macelleria un luogo più vicino possibile alla cucina domestica e curata che ognuno desidera avere. Lo possono testimoniare i colleghi che godono della collaborazione della propria moglie, di una sorella o di una dipendente.»
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