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Confcommercio Veneto Notizie

TUTTE LE RAGIONI DEL “NO DAY”

Nr. 05 del 11/03/2003

Numerosissimi i rappresentanti della Confcommercio veneta a Venezia per l’iniziativa di mobilitazione nazionale contro il referendum che chiede l’estensione dell’art. 18

La Confcommercio vicentina dice no al referendum sull’estensione dell’applicabilità dell’art.18 alle piccole e medie imprese con meno di 15 dipendenti e partecipa in forze al «No Day» di Venezia, la manifestazione organizzata dalla Confcommercio nazionale. Il presidente provinciale Sergio Rebecca, il direttore Andrea Gallo e numerosi dirigenti dell’associazione di via Faccio sono intervenuti all’incontro-dibattito svoltosi all’Hotel Ramada di Mestre alla presenza del presidente nazionale della Confcommercio Sergio Billè e del presidente regionale Aldo Andriolo. «Abbiamo voluto ribadire - spiega il presidente provinciale Sergio Rebecca - il no secco e perentorio delle aziende vicentine del Terziario alla sciagurata ipotesi di un responso positivo del referendum che metterebbe seriamente in crisi una miriade di piccole imprese, costrette, se così fosse, a rinunciare a un aumento del numero dei dipendenti. Dai primi calcoli si rischia di tagliare ben 100 mila posti di lavoro».
In pratica con la nuova proposta di referendum, definita ammissibile dalla Corte costituzionale, si chiede di estendere la reintegrazione nel posto di lavoro ogni qualvolta il giudice rilevi l’illegittimità del licenziamento, anche ai datori di lavoro che occupano fino a 15 dipendenti. E le conseguenze sarebbero, appunto, pesantissime. «Intanto - osserva Rebecca - la modifica del regime di tutele coinvolgerebbe oltre 3,5 milioni di imprenditori che rappresentano uno dei motori principali dell’economia italiana e la chiave di volta per incrementare l’occupazione. Inoltre estendere l’obbligo di reintegra vorrebbe dire penalizzare una delle principali risorse che abbiamo per il rilancio dell’economia e del lavoro. Con l’applicazione dell’art.18 - aggiunge - la piccola azienda sarebbe tenuta a reintegrare il dipendente e a versare un’indennità non inferiore a 5 mensilità, e nel caso in cui il lavoratore non volesse essere reintegrato, dovrebbe essere corrisposto un risarcimento pari almeno a 15 mensilità. Per le aziende sarebbe una sorta di suicidio, senza contare che in questo modo si vanificherebbero del tutto le riforme del Governo dirette al rilancio dell’economia. Se passasse la proposta del referendum la lotta al lavoro nero e tutte le forme di precariato verrebbero a proliferare. E il danno lo sconterebbero soprattutto i lavoratori».
Ma sono state anche altre le ragioni della presenza della Confcommercio vicentina alla quarta delle 13 tappe del lungo tour del «No Day» chiusosi martedì 11 marzo a Milano dopo aver percorso l’Italia per mettere in guardia l’opinione pubblica contro un referendum che vorrebbe - dice ancora Rebecca - mettere alle corde il mercato e soffocare la libertà di impresa».
«Non basta rispondere di no - sottolinea il presidente dell’Ascom provinciale - . Ora occorre cominciare anche a costruire un mercato del lavoro più efficiente, e le riforme annunciate nel Libro Bianco e contenute nella legge di delega al Governo sono in larga parte condivisibili».
Bisogna, insomma, partire da qui per preparare il futuro.
In effetti il Libro Bianco sul mercato e l’occupazione presentato nell’autunno del 2001 conteneva misure atte a modificare il regime dell’art.18. Fra l’altro venivano introdotte disposizioni sperimentali per la durata di quattro anni che miravano a prevedere un regime risarcitorio alternativo alla reintegra. Il testo però, poi, per evitare tensioni sociali, venne stralciato dal disegno di legge di delega oggi approvato, e gli articolo stralciati riguardanti la riforma degli ammortizzatori sociali, la revisione dell’indennità di disoccupazione e la modifica dell’art.18 sono confluiti nel ddl 848 bis, il cui iter parlamentare è stato appena avviato.
A Venezia non si è parlato solo di lavoro e di referendum ma anche di riforma federalista e di federalismo fiscale, nonché dei costi (ma la questione - secondo il moderatore del dibattito Giorgio Lago va considerata in termini di investimento) di una riforma che «noi - questo il pensiero di Rebecca - consideriamo un’opportunità positiva a patto però che sia in assoluta sintonia con i programmi di sviluppo imprenditoriale». «L’obiettivo più importante da raggiungere - dice Rebecca - resta comunque la competitività del sistema imprenditoriale italiano. Le imprese del terziario si trovano a fronteggiare molti problemi, dalle difficoltà dei piccoli Comuni ai rapporti con le banche e le imprese, dai problemi che gravano sui trasporti ai costi dei servizi esasperati dalla crisi globale internazionale. Ed è su questo fronte che tutti ci dobbiamo strenuamente impegnare per eliminare i tanti ostacoli che oggi tolgono slancio e scioltezza al sistema imprenditoriale, in particolare a quelle piccole e medie imprese che da sempre costituiscono l’ossatura della nostra economia».




TREDICI TAPPE, TREDICI TEMI

Il «No Day» ha voluto essere, fuori da ogni intento corporativo, una vera e propria iniziativa di mobilitazione nazionale rivolta a dare molti segnali: da una parte l’allarme per un sistema imprenditoriale che ha bisogno estremo di acquisire competitività, dall’altra la necessità di una difesa compatta dell’economia, e dall’altra ancora l’importanza di iniziare a dare attuazione ai grandi impegni dello sviluppo civile e sociale. Le 13 tappe di questo itinerario snodatosi da Pavia fino a Milano sono state, quindi, l’occasione per sviluppare un tema preciso. A Pavia si è detto, appunto, no a chi vuole bloccare lo sviluppo dell’occupazione. E questo perché nel 2002 più del 70 per cento dei nuovi posti di lavoro è stato prodotto dalle imprese del terziario di mercato che, per crescere, hanno bisogno di operare in un quadro di maggiore flessibilità e mobilità. Ad Alessandria si è parlato di «un’emergenza chiamata occupazione», che potrebbe essere innescata da un referendum che bloccherebbe drasticamente lo sviluppo delle imprese.
A Modena si è discusso sull’equazione fra economia e società. Non si potrà puntare sullo sviluppo se il sistema economico non si doterà di strumenti, leve e supporti che consentano di migliorare non solo il suo assetto ma anche il suo livello di competitività sul mercato interno ed estero. Dell’incontro di Venezia diciamo nell’altro articolo di questa pagina, mentre ad Ancona il dibattito si è incentrato sul territorio come fattore per un più produttivo rapporto fra pubbliche istituzioni e imprese. A Campobasso, dopo il tremendo terremoto che ha sconvolto la città e una grossa fetta della provincia lo scorso anno, si è parlato di dissesto ambientale e della necessità di un nuovo modello di protezione civile. A Firenze non si poteva che parlare di turismo e di una ricchezza che continua a essere ignorata da chi tiene le redini della politica economica del paese nel momento in cui la concorrenza internazionale si fa più aspra e agguerrita.
Protagonisti dell’incontro di Terni i piccoli Comuni, considerati «una grande risorsa per l’economia», e del meeting di Lecce le banche e un sistema creditizio che, con i nuovi parametri in materia di rating, rischia di accrescere le difficoltà di accesso delle piccole e medie aziende ai finanziamenti, rendendo ancora più pesanti i costi. A Palermo si è affrontato, ovviamente, il tema delle riforme per il rilancio del Mezzogiorno; e a Napoli quello della crisi della legalità, anche nelle forme dell’abusivismo e del sommerso, che assieme alla carenza di infrastrutture, è la ragione di fondo del ritardo di sviluppo del Sud.
Infine a Brescia si è parlato di trasporti e dell’esigenza, ormai inderogabile, di creare un sistema che consenta alle imprese di sfruttare tutte le potenzialità offerte dai nuovi mercati dell’Europa dell’Est. E a Milano, tappa conclusiva del «viaggio in Italia» della Confcommercio si è affrontato il drammatico tema della guerra e dei programmi da porre in atto nel post-conflitto per far ripartire un’economia in parte in ginocchio e in parte prostrata dalla lunga congiuntura mondiale e da questi inquietanti venti che giungono dal Medio Oriente.

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