UNA LEGGE PER GLI OPERATORI DEL BENESSERE
Nr. 22 del 02/12/2003
L’operatore del benessere non ha nulla a che vedere con il medico e non vuole interferire minimamente con quelle che sono le competenze specifiche della sanità, ma è uno specialista del bio-naturale che cerca un adeguato riconoscimento per uscire dal limbo in cui continua a essere rinchiuso per la carenza di una tutela legislativa. La materia è avvolta ancora dalla nebbia più fitta ma, forse, per la prima volta si comincia a intravvedere un futuro più nitido.
C’è un progetto di legge licenziato da neppure un mese dalla sesta commissione consiliare della Regione presieduta da Nadia Qualarsa, e il provvedimento, anche se il suo prosieguo non si preannuncia semplice per la decisa opposizione (almeno fino ad oggi) degli esponenti della minoranza di palazzo Ferro Fini, ora approderà in Consiglio per l’approvazione definitiva. Dopodichè sarà la Giunta Galan a riempire di contenuti operativi una legge che nel progetto attuale fissa solo i principi generali, nominando un comitato di coordinamento, monitorando le varie attività, stabilendo i livelli formativi, avviando corsi professionali, e istituendo un apposito registro regionale articolato per sezioni. Insomma, come detto, la nebbia non si è ancora diradata, ma, al di là delle ombre, si delineano già i contorni di un settore, che attende ormai da anni una propria identità e una propria legittimazione. Ed è questo l’obiettivo che si pone la Confcommercio, che da tempo opera per dare dignità e garantire un contesto di certezze normative, e, quindi, un futuro credibile a tutta una vasta categoria di operatori che vantano una grossa professionalità. Lo prova il fatto che già lo scorso anno all’interno della Confcommercio provinciale è sorta l’associazione operatori del benessere, presieduta da Rino Filippin, che ha fatto scuola, si può dire, anche in ambito regionale. E lo prova pure il convegno organizzato nell’auditorium dell’Ascom e dedicato, appunto, agli «interventi per la formazione degli operatori di attività bio-naturali». I lavori li ha aperti il presidente Sergio Rebecca, sottolineando come la Confcommercio abbia «sposato» la causa degli operatori delle discipline salutistiche, che in Italia oggi vedono una domanda di ben 9 milioni di persone. Le medicine non convenzionali guadagnano sempre più terreno, e non solo - ha osservato - quelle più note come l’omeopatia o l’agopuntura, ma anche altre discipline emergenti come l’iridologia, l’aromaterapia, la riflessologia plantare. In altri paesi europei, vedi la Germania, le figure che esercitano tali attività sono disciplinate. In Italia restano, invece, un ibrido, e c’è una legge nazionale, quella che prende nome dall’on.Lucchese, che giace ancora nell’anticamera del Parlamento. «Il Veneto - ha aggiunto Rebecca - vuole uscire dall’incertezza e il progetto di legge approvato dalla sesta commissione rappresenta un risultato positivo. C’è da rispondere da una parte alla richiesta di un giusto riconoscimento giuridico avanzata dagli operatori e dall’altra alla tutela degli utenti».
A sua volta Filippin ha riaffermato la volontà che anima gli operatori, che è quella di sia di operare regolarmente in ambito previdenziale, fiscale e amministrativo, e sia di sviluppare le proprie professionalità a vantaggio, in fondo, del consumatore finale. E, quindi, Nadia Qualarsa, assieme alla dottoressa Marilinda Scarpa, ha illustrato il progetto di legge n.254, inserito nelle branche della formazione professionale, e, dunque, in un contesto - e questo è molto importante - in cui la potestà legislativa della regione è esclusiva e non «concorrente» rispetto a quella statale. «Lo scopo - ha detto - è di riconoscere le peculiarità originali di un gruppo di discipline che non appartengono all’area sanitaria, che fanno parte di determinate realtà culturali e generano pratiche sostanzialmente diverse da quelle della medicina convenzionale. Ad accomunare tali discipline bio-naturali, pur notevolmente diverse e disomogenee - ha aggiunto - ci sono dei principi base come l’approccio globale alla centralità della persona, il miglioramento della qualità della vita, la stimolazione delle energie e l’educazione a uno stile di vita salubre e rispettoso dell’ambiente. In più esse non interferiscono nel rapporto medico-paziente e restano distanti dall’uso di farmaci di qualsiasi genere».
Lo scoglio contro cui fino ad oggi è cozzata l’esigenza di chi da anni si dedica a questo lavoro di vedere riconosciuta la propria professionalità è proprio il filo di congiunzione che, secondo alcuni, ricondurrebbe la medicina alternativa all’area prettamente medica. Il cosiddetto documento di Terni voluto dall’Ordine dei medici ha individuato nove attività per le quale dovrebbero essere istituiti dei corsi di laurea breve. Ma il partecipato e interessante convegno dell’Ascom, anche nel dibattito a più voci coordinato dal direttore dell’Associazione Andrea Gallo, ha evidenziato il senso di responsabilità di «professionisti seri» - come è stato detto da molti - che non vogliono assolutamente invadere la sfera medica ma che cercano solo di completare un determinato percorso culturale.
Ora - come ha precisato Nadia Qualarsa - diventa una questione di scelte e determinante per raggiungere il traguardo sarà la mediazione politica. «Il progetto di legge ha avuto un iter molto velocizzato nell’istruttoria, e lancio un appello perché si trovi una concordanza di intenti senza però stravolgere lo spirito della normativa. Le preoccupazioni sono ancora tante ma c’è la speranza di giungere in porto».
Rino Filippin è ottimista: «La fiducia viene dalla gente e da una domanda che cresce sempre di più anche di fronte a tanti episodi di malasanità. L’utente chiede di non essere più considerato un numero ma una persona, e magari per questo sceglie l’erboristeria al posto della farmacia. Chiede un rapporto diverso, vuole tornare ai medicinali della nonna, ai preparati naturali, alle tisane. I nostri associati sono ancora un centinaio ma saranno molti di più quando potranno uscire dall’ombra e lavorare in pace senza la paura di trovarsi in casa i Nas. Il nostro è uno strano paese che da una parte permette ai maghi di farsi la pubblicità in Tv e dall’altra costringe a nascondersi chi lavora per la salute della gente. E, allora dico: teniamo lontani i tanti guaritori e massaggiatori cinesi e filippini, che ci affliggono sulle spiagge, e diamo il riconoscimento che meritano a questi operatori che hanno investito nella loro professione. Per questo siamo impegnati a rafforzare la rappresentatività della nostra associazione e a trovare nuove adesioni: più siamo e più contiamo».
Franco Pepe
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