lunedì 13 settembre 2004
COMPERI PRIMA UN LITRO DI TASSE E POI UN LITRO DI BENZINA
Automobilista, non è vero che al distributore hai acquistato benzina per 50 euro: hai pagato 50 euro, ma il costo per il carburante equivale a 17 euro e 54 centesimi. Il resto è tutto in imposte e tasse che incassa lo Stato.
A lanciare l’avvertimento sono i gestori di impianti stradali di carburanti della FIGISC – Confcommercio che a breve esporranno in tutti gli impianti delle locandine e distribuiranno a tutti i clienti un volantino per illustrare nel dettaglio l’incidenza delle componenti che a vario titolo formano il prezzo di un litro di benzina. Il riferimento è a quella senza piombo, che sulla base della rilevazione del 23 agosto scorso, viene venduta ad un prezzo medio per litro pari a 1,158 euro. Anche a Vicenza la campagna informativa sarà massiccia e coinvolgerà tutti 310 impianti sparsi tra città e provincia.
“L’obiettivo dell’iniziativa – spiega Gastone Vicari, presidente provinciale della Figisc Confcommercio - è quello di ribadire l’estraneità del gestore all’escalation dei prezzi delle benzine. Dati alla mano – ribadisce Vicari – il ricavo lordo di chi gestisce l’impianto, su 50 euro pagati dal cliente, è di 1,45 euro: il resto riguarda 24,13 euro per accise, 8,33 euro di IVA, 4,55 euro per il ricavo lordo delle compagnie petrolifere e 11,58 euro è il costo della benzina all’origine. Ciò che trattiene per sé il gestore è perciò pari al 2,9% di quanto l’automobilista paga il rifornimento. Un ricavo lordo ridotto ai minimi termini – ribadisce Vicari – che, è sì il corrispettivo del servizio fornito al cliente, ma che deve bastare anche per coprire i costi di gestione dell’impianto, del personale, dell’utilizzo di bancomat, carte di credito e carte aziendali, degli sconti e delle promozioni nonché delle imposte e delle varie tasse locali. E’ evidente che sul rimanente 97,1% della spesa per il rifornimento, il gestore non conta nulla, ed è qui che bisogna intervenire se si vogliono calmierare i prezzi dei carburanti.
Inoltre, in una fase di contrazione dei consumi e di prezzi al rialzo, le vendite continuano a diminuire, e se non si vende non si guadagna. In questa situazione, noi gestori stiamo già facendo la nostra parte, accontentandoci di guadagni ridotti all’osso. Diversamente la benzina avrebbe un prezzo ben più alto”.
Comunque, il rialzo del costo del greggio, le difficoltà produttive, i difficili scenari internazionali determinano un livello sostenuto dei prezzi che continuano a disorientare il consumatore. In più, le recenti ipotesi di liberalizzazione del settore della distribuzione, quale rimedio per contenere il caro vita, proposte che ipotizzano la collocazione di impianti di distribuzione carburanti anche nei centri commerciali, disegnano un quadro che colloca anche i benzinai tra i primi responsabili dei rincari. Inoltre, la loro difesa dell’attuale rete carburanti, delle sue peculiarità e la centralità del gestore nel processo distributivo viene spesso additata, sia dalle compagnie petrolifere che dal Governo come un freno ad una modernizzazione del settore che di fatto porterebbe risparmi per il consumatore finale.
“La presenza del gestore nei punti vendita della rete italiana – controbatte il presidente Vicari - è l’unica garanzia per dare agli automobilisti quei servizi e quella assistenza che nessuna altra forma di distribuzione è in condizione di offrire. L’attuale rete, anche nella nostra provincia, ha già compiuto i passi necessari per giungere ad un sistema moderno ed efficiente, basti pensare alla chiusura dei tanti chioschi e piccoli impianti esistenti fino a qualche tempo fa sia nelle città che nelle periferie e la ristrutturazione di gran parte dei distributori oggi esistenti. Non è quindi questione di migliorare la distribuzione dei carburanti. Ripeto, è ora che si dica la verità: con i soldi del pieno si fa prima un pieno di tasse e poi di benzina. Margini per agire sul sistema distributivo non ce ne sono, mentre per gravare il meno possibile sul consumatore si può incidere efficacemente sui prezzi riducendo, ad esempio, la quota delle imposte e tasse che si prende lo Stato, ad iniziare dall’accisa, che corrisponde, da sola senza IVA, al 48,26% del prezzo del carburante alla pompa”.