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Confcommercio Veneto Notizie

SE IL NEGOZIO SI RIBELLA di Fausto Pezzato

Nr. 04 del 01/03/2004

Tramite le Camere di Commercio e le loro associazioni, i commercianti del Veneto respingono al mittente, in blocco, il piano del ministro delle Attività produttive Antonio Marzano che prevede il «fai da te» degli orari, delle aperture domenicali, delle svendite e che il proponente chiama «liberalizzazione».
I motivi di questa riforma sono indecifrabili, e l’unica plausibile è maligna: aiutare la grande distribuzione a scapito delle migliaia di botteghe che garantisco- no ai centri storici un po’ della loro vitalità. Ma se così fosse, l’abolizione delle regole sarebbe soltanto un espediente per velocizzare rendere irreversibile un fenomeno già in atto. Nel cuore delle nostre città avanza, per effetto di una vorace e malintesa «modernizzazione», il deserto di pietra fatto di sportelli bancari, sedi di assicurazioni, uffici di vario genere, mentre si spengono le luci delle vetrine davanti alle quali i passanti sostavano e col calar della sera il brusio viene sostituito dal silenzio. Le vetrine, fra l’altro, si spengono non solo perché la concorrenza degli store è insostenibile, ma anche e soprattutto perché i negozianti non riescono più a pagare affitti pesantissimi.
E veniamo al punto, cioè alla realtà che fa da fondale alla succitata riforma e che la rende ancor più misteriosa. E’ una realtà fatta di stipendi e salari in apnea rispetto all’aumento dei prezzi e al costo effettivo della vita. Di consumi in picchiata in quasi tutti i settori. Di scioperi a raffica, dai medici ai piloti, dagli universitari agli operai delle acciaierie, ai ferrotranvieri, spie dell’impoverimento e del disagio sociale che almeno in un caso, quello dei medici, ha costretto un ministro (Sirchia, Sanità) a dar ragione agli scioperanti.
Anche se Marzano (voce solitaria persino nel Governo) sostiene che nel frattempo «l’Italia si è arricchita», quello sommariamente descritto, e statisticamente riconosciuto con qualche distinguo anche dall’Istat, è il palcoscenico sul quale i bottegai felici e soddisfatti dovrebbero offrire non stop la loro mercanzia alle folle di consumatori che sgomitano davanti all’uscio, vendendo e svendendo a piacimento, domeniche comprese.
E, ovviamente, pagando i relativi straordinari ai dipendenti e, probabilmente, accogliendo gli aumenti degli affitti che i proprietari degli immobili non mancherebbero di esigere in questo gaudioso Paese dei Balocchi.
Queste osservazioni non mirano a fare dei commercianti, che non sono certo estranei ai rincari degli ultimi due anni, una categoria di Martiri al Dettaglio. Gli innocenti sono sempre più rari, anche fra le persone perbene. Ma anche a chi tiene bottega piacerebbe capire perchè, contro ogni evidenza, un ministro vede compratori scatenati dove non ci sono. Perchè ignora una depressione del mercato ormai ammessa fra i denti anche dagli economisti della sua parte politica.
Perché vuole varare questa riforma, che in altre circostanze sarebbe già stata invocata dagli stessi clienti, in una delle fasi peggiori che l’economia italiana abbia mai attraversato.
Perché il ministro delle Attività produttive, certo informato al riguardo, apre le danze del commercio mentre al posto fisso subentra la precarietà del lavoro e i co.co.co. a cinque-seicento euro al mese, non riescono più a diventare, come succedeva un tempo, consumatori. Anche nel Veneto si allarga la categoria dei giovani ultratrentenni che restano con papà e mamma perchè non possono mettere su famiglia e nessun banca gli dà il mutuo per comperare l’appartamento.
Resta sul palcoscenico che ospita questo triste show la domanda senza risposta: perchè voler fare a tutti i costi, malgrado un’opposizione trasversale che vede schierati via via anche i governi regionali, le nozze con i fichi secchi? Nel Veneto, ma anche in Piemonte e in Lombardia e non solo, non le vogliono, non ne sentono il bisogno, forse perchè non c’è niente da festeggiare.
Chi sta per ore nella bottega vuota aspettando che qualcuno entri, spera soltanto che la carestia finisca prima che arrivi il giorno della resa.
(per gentile concessione
dal Corriere del Veneto del 12-02-2004)

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