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IMPRESE SEMPRE PIU’ PROIETTATE NELL’UNIVERSO DEI SERVIZI

Nr. 09 del 10/05/2004

L’economia italiana è sempre più terziarizzata. E’ l’immagine fornita di recente dall’Istat sulla base dei dati rilevati con il censimento nazionale dell’industria e dei servizi, riferito all’ottobre 2001. La tendenza è da una parte verso un radicale cambiamento, dall’altra per la conferma di alcune caratteristiche consolidate del tessuto produttivo. I risultati consentono di conoscere - fino al livello comunale - imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni non profit e relative unità locali, classificate secondo 870 categorie di attività economica, per classe di addetti, forma giuridica e distribuzione territoriale. Per la prima volta il censimento rileva anche il «personale esterno», che comprende collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori interinali e volontari.
Vediamo in sintesi i principali dati emersi. Nel complesso sono state rilevate 4.083.966 imprese, ma nel frattempo è diminuita ulteriormente la loro dimensione media: da 4,4 a 3,8 addetti. Mentre sono 15.580 le istituzioni pubbliche e 235.232 le istituzioni non profit.
Per quanto riguarda gli addetti l’aumento è di oltre 1 milione 400 mila posti di lavoro (+8%), arrivando ad una occupazione complessiva di 19,4 milioni tra lavoratori dipendenti e dipendenti. Prosegue la crescita della presenza femminile nel lavoro, che passa dal 34,9% al 38,4%. Il lavoro dipendente segna un incremento del 5,5% grazie al traino dei servizi.
Tra i cambiamenti più evidenti c’è infatti da segnalare la crescita esplosiva degli «altri servizi», trainati dal cosiddetto terziario avanzato: +60% in termini di imprese e +33% in termini di addetti. Diminuisce complessivamente il peso dell’industria, dal 37,6% al 33,9% degli addetti. Si razionalizza il commercio che riduce numero di imprese (-4%) e di addetti (-4,5%).
Tra le conferme, il Nord-ovest mantiene il primato nell’occupazione, mentre continua il processo di terziarizzazione dell’economia. Le imprese diventano sempre più piccole e sono rare quelle plurilocalizzate: è il cosiddetto «nanismo» del sistema produttivo italiano.

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