FINANZIARIA, RISCHIO STANGATA PER LE IMPRESE
Nr. 19 del 25/10/2004
Confcommercio chiede una manovra economica che permetta al Paese di sottrarsi alla trappola della crescita rallentata, all’interno della quale risulta impervio lo stesso percorso di risanamento strutturale della finanza pubblica. Ma queste legittime richieste - a fronte del testo della Finanziaria per il 2005 - non trovano ancora una compiuta risposta da parte del Governo, anzi in molti casi la manovra sembra andare in senso contrario, con interventi che rischiano di aumentare la pressione fiscale sulle Pmi e di incrementare i costi di esercizio delle aziende più radicate sul territorio. Questa, in estrema sintesi, l’analisi della Confederazione sul provvedimento che dovrà disegnare la politica economica del Paese per il prossimo anno e sui cui si sono addensate molte aspettative e molte preoccupazioni. Si inseriscono in questo scenario, allora, le prese di posizione che hanno visto protagonista, nelle ultime settimane, il Presidente della Confcommercio nazionale Sergio Billé, il quale non ha mancato, anche in occasioni istituzionali come l’audizione alla Commissione Bilancio della Camera, di criticare il metodo di elaborazione della manovra finanziaria. «Sul piano del metodo - ha affermato Billé nel corso dell’audizione - ci sembra che rendere più immediatamente e direttamente leggibile il nesso tra le misure volte a contenere entro il 2,7 per cento del PIL l’indebitamento delle pubbliche amministrazioni e gli impegni per l’accelerazione dello sviluppo sarebbe stata una saggia scelta politica».
POCHE LUCI E MOLTE OMBRE SULLA MANOVRA
Alle Pmi, al lavoro autonomo e al popolo delle partite Iva tocca l’onere di assicurare allo Stato entrate per 7,5 miliardi di euro
In attesa dei provvedimenti che il Governo dovrebbe varare per il rilancio dello sviluppo e per la riduzione della pressione fiscale, Confcommercio esprime i primi giudizi sulla Finanziaria 2005 e l’impressione è che la manovra presenti poche luci e tante ombre. Nel corso dell’audizione alla Commissione Bilancio della Camera il presidente Sergio Billé ha fatto una puntuale disamina degli aspetti più controversi del disegno di legge, a cominciare dall’oramai famoso «Metodo Brown», che dovrebbe permettere un contenimento della spesa pubblica. «Relativamente all’aggiustamento strutturale dei conti pubblici - ha affermato Billé- la nuova «regola aurea» è stata individuata, come è noto, in un approccio che non parte più dalla dinamica della spesa tendenziale, ma dalla situazione attuale di spesa. Rispetto alla quale, si procede poi all’aumento del 2 per cento di tutte le voci di spesa corrente, fatta eccezione per la spesa previdenziale e per altre prestazioni sociali, attesa in crescita nella misura del 3,9 per cento e con una sostenibilità affidata ai contenimenti derivanti dall’applicazione a regime della recente riforma previdenziale e stimati nella misura dello 0,6-0,7 per cento del PIL. Dal cosiddetto «metodo Brown» dovrebbe derivare un aggiustamento della spesa corrente (rispetto al tendenziale) pari allo 0,5 per cento del PIL, a cui corrisponde un valore di 6, 2 miliardi di euro. Sarà pur così - ha continuato Billé - ma affidare, per un verso, la sostenibilità della spesa previdenziale all’orizzonte di medio termine degli effetti a regime della riforma del sistema previdenziale e, per altro verso, incrementare la disponibilità di spesa per il Servizio sanitario nazionale - sia pure subordinandola ai principi virtuosi di una futura Intesa tra Stato e Regioni finalizzata al contenimento della dinamica dei costi - non sembra davvero una scelta, di metodo e di merito, coerente con la dichiarata volontà di intervenire in maniera strutturale sull’andamento delle grandi voci della spesa pubblica».
Billé ha poi sottolineato come tale limite del 2 per cento non valga, nel 2005, per Regioni ed enti locali, che potranno aumentare le spese finali del 4,8 per cento. Ciò, unito allo sblocco delle addizionali regionali e comunali per IRE ed IRAP rischia, secondo Confcommercio, di risolversi in costi aggiuntivi per le famiglie e per le imprese. Altra nota dolente quella relativa al taglio degli incentivi alle imprese. «Poco male per chi, come la nostra Confederazione, - è il commento di Billé - ha sempre denunciato i limiti del tradizionale assetto del sistema degli incentivi. Ma davvero tanto di cui preoccuparsi per chi - come le imprese che la Confederazione rappresenta - attende ora di conoscere se, come, con quali tempi e con quali risorse opererà l’atteso nuovo Fondo rotativo e si procederà, per il Mezzogiorno, alla istituzione di una fiscalità di vantaggio. Strumenti ai quali peraltro tanto il Dpef quanto la Relazione di accompagnamento al disegno di legge finanziaria affidano un ruolo precipuo rispetto al sostegno degli investimenti fissi lordi».
Ma anche sul capitolo fiscalità non mancano le critiche della Confcommercio. Oltre agli studi di settore, le perplessità della Confederazione riguardano anche le misure per la lotta al sommerso e per il recupero dell’evasione in materia di redditi immobiliari. L’introduzione della polizza assicurativa obbligatoria anticalamità, ad esempio, colpisce fortemente il bene-casa - «nocciolo duro» del risparmio degli italiani - ma è destinato a ripercuotersi anche sui valori dei canoni, ivi compresi quei canoni per le locazioni commerciali che già oggi, in molte realtà, hanno raggiunto livelli difficilmente compatibili con l’andamento dei ricavi aziendali. Senza dimenticare poi le misure per il contrasto all’evasione in materia di IVA, nel cui contesto si «segnalano» la riduzione della soglia di volume d’affari minimo per l’obbligo dell’invio telematico della dichiarazione da circa 26.000 euro a 10.000 euro e il recupero dell’obbligo di presentazione degli elenchi clienti e fornitori.
Nell’audizione alla Commissione Bilancio, il presidente di Confcommercio non ha mancato di ricordare che nel «contratto» con gli italiani, sottoscritto dall’attuale maggioranza parlamentare, il cardine era e resta la riduzione della pressione fiscale. «Nulla dice, al riguardo, - ha affermato Billé - questo disegno di legge finanziaria, rinviando la materia a futuri provvedimenti. Ma, intanto, si dice a chiare lettere alle piccole imprese, al mondo del lavoro autonomo e al popolo delle partite IVA che a loro tocca l’onere fondamentale di assicurare allo Stato, attraverso la «manutenzione» della base imponibile, entrate per circa 7, 5 miliardi di euro e che, al contempo, dovranno fare i «conti» con il fisco delle Regioni e degli enti locali e con una drastica riduzione del sistema degli incentivi».
Sulla stessa linea d’onda anche l’intervento di Billé al Consiglio generale di Confcommercio del 14 ottobre, presente il Ministro dell’economia Siniscalco, che della Finanziaria è stato l’estensore. In quella occasione Confcommercio aveva paventato al Ministro che con lo «sblocco» delle imposte locali, l’aumento delle tasse di tutto o di gran parte del comparto immobiliare, i tagli degli investimenti e degli incentivi, ecc., si sarebbe rischiato, da un lato, un aumento complessivo della pressione fiscale e, dall’altro, una sensibile lievitazione dei costi operativi delle imprese più fortemente radicate nel territorio e, dunque, più esposte all’impatto dell’aumento del costo dei servizi di base gestiti, in prima persona, dalle amministrazioni locali. E proprio su questo argomento, negli stessi giorni, il Consiglio Generale di Confcommercio, in rappresentanza delle oltre 780 mila imprese del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti, aveva approvato un ordine del giorno relativo ad un primo esame urgente dei contenuti del disegno di legge finanziaria per il 2005. «L’obiettivo principale di questa legge finanziaria - recita l’ordine del giorno Confcommercio - sembra essere non solo in palese contrasto con una politica di rilancio di un’economia ormai ferma da tre anni, ma anche, di fatto, una clamorosa smentita di quel «contratto» con gli italiani che, per il rilancio del mercato, considerava essenziale e primaria una generalizzata riduzione della pressione fiscale».
La «palla» ora passa al Governo, che ha fatto trapelare alcune indiscrezioni su un pacchetto complessivo di misure, tra tagli fiscali e incentivi, pari a 12 miliardi di euro. Sei miliardi dovrebbero essere destinati ad un fondo di rotazione per le imprese, mentre altri sei miliardi consisterebbero in riduzioni delle tasse.
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