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Confcommercio Veneto Notizie

COMMERCIO, RIFORMA ANCORA INCOMPIUTA

Nr. 02 del 31/01/2005

Confcommercio sempre in prima linea sulle questioni dell’urbanistica nell’anticipare i temi e proporre le soluzioni, e anche il convegno promosso e tenuto nella sede di via Faccio è andato nella direzione di dibattere problemi scottanti e urgenti che riguardano tutta la comunità e il suo sviluppo. “La programmazione urbanistico-commerciale per l’insediamento delle attività commerciali nel Veneto” è stato il tema di un incontro che ha richiamato le voci delle istituzioni competenti, la Regione, la Provincia e i Comuni. A questo importante tavolo di confronto, assieme al presidente della Confcommercio Sergio Rebecca, al consigliere delegato dell’Ister Fiorenzo Marcato e all’urbanista Fernando Lucato, c’erano infatti l’assessore regionale Giancarlo Conta, la presidente della Provincia Manuela Dal Lago, il presidente dell’Anci Veneto Vanni Mengotto. E il dibattito ha consentito di fare il punto sulla normativa regionale ancora in itinere e di mettere a fuoco i problemi più rilevanti. Il primo è che sotto l’aspetto urbanistico continua in pratica la proroga delle vecchie norme, mentre sotto l’aspetto commerciale restano ancora sulla carta le indicazioni e i provvedimenti con cui la Regione dovrebbe dare il via al nuovo corso delle regole comunali. Insomma la Regione ha varato la nuova legge sul commercio e la nuova legge urbanistica, ma c’è ancora molto da fare perché si volti veramente pagina e la riforma sia davvero un fatto compiuto. Venezia sarà ancora costretta a far slittare il termine fissato ai Comuni per l’attuazione dei nuovi criteri di pianificazione commerciale. Ma intanto, in questo senso, la Confcommercio ha dato messaggi importanti. “La riforma del commercio avviata dal decreto Bersani e portata avanti con la legge regionale 15 - ha sottolineato Rebecca - non va vista come un lasciapassare per insediamenti casuali e estranei alla vocazione di determinate aree del nostro territorio, ma come occasione e opportunità per creare una equilibrata rete distributiva che sviluppi le tipologie commerciali in sintonia non solo con la domanda di reale libertà di scelta dei consumatori ma anche con precise valutazioni di compatibilità ambientale. E’ da escludersi assolutamente una terziarizzazione indistinta e selvaggia”.
Rebecca ha lanciato anche un allarme preciso: “I settori del terziario sono strettamente connessi a tutti gli aspetti della vita organizzata. Se manca un disegno strategico sulla collocazione degli insediamenti distributivi, la rete commerciale viene stravolta e si innescano processi di ingovernabilità. Ciò che è avvenuto finora e sta tuttora avvenendo non può che destare preoccupazione”.
E a questo punto Rebecca ha denunciato tre situazioni a rischio. Primo: la creazione di nuovi poli commerciali sta determinando un costante incremento della capacità di attrarre clientela in queste aree, traducendosi in una progressiva erosione delle quote di mercato degli esercizi tradizionali. Secondo: la localizzazione delle grandi strutture di vendita con la possibilità di parcheggio facile privilegia l’accessibilità con l’auto, ma ciò esaspera la contrapposizione con la rete tradizionale. Terzo: l’incremento del traffico causato dalla necessità di utilizzare l’auto per raggiungere i centri commerciali provoca inquinamento, determina l’asfissia della rete viaria e penalizza il trasporto pubblico e l’accessibilità alle altre zone della città.
“L’assenza di una reale pianificazione - ha osservato Rebecca - sta alterando le condizioni di concorrenzialità fra i diversi sistemi distributivi. E’ urgente il riequilibrio delle diverse tipologie commerciali nell’interesse degli utenti e degli operatori”. Rebecca pone anche dei distinguo: “Bisogna evitare i piani privi di progettualità complessiva e privilegiare la programmazione per aree sovracomunali, creando poli gravitazionali unici per quanto concerne le realtà commerciali medio-grandi, senza interferire con la funzione dei piccoli negozi e degli esercizi di vicinato”. Quindi, le proposte: contenere la dispersione insediativa degli esercizi commerciali; vietare la realizzazione di nuovi poli commerciali (anche se derivati dalla trasformazione di complessi esistenti, quando non ci sia un progetto a scala almeno sovracomunale); incentivare la specializzazione degli assi commerciali extraurbani esistenti; passare dalla definizione di “strada mercato” a quella di “città del commercio” in cui qualità insediativa e servizi costituiscano il valore aggiunto; attuare un rigoroso monitoraggio delle trasformazioni d’uso. E tutto questo in un “quadro condiviso” fra politica ed economia.
Fiorenzo Marcato si è soffermato sulle novità e sugli obiettivi della legge regionale 15, illustrando quali siano i nuovi limiti di superficie per gli esercizi siti nei comuni maggiori e le procedure autorizzatorie. Ha introdotto, inoltre, il concetto di parco commerciale, e ha parlato dei tempi di applicazione: “L’entrata in vigore era prevista il 18 agosto dello scorso anno, i criteri regionali per individuare i parchi dovevano essere emanati il 16 novembre, e in questo stesso termine la giunta regionale avrebbe dovuto sancire il rapporto di densità fra le strutture medio-grandi e gli esercizi di vicinato. In base a questo i Comuni, entro il prossimo 14 febbraio, avrebbero dovuto adeguare i propri criteri, e, successivamente, entro 4 mesi, censire i parchi e le aggregazioni commerciali, e provvedere alla variante urbanistica. Siamo in forte ritardo, credo che mancando i presupposti sia necessario un differimento da parte della Regione dei tempi di adeguamento dei criteri a carico dei Comuni”.
“La nuova legge regionale 15 - ha precisato l’assessore Conta - è stata approvata in ritardo, e ha ottenuto il via quasi in contemporanea con la legge urbanistica con la quale ci sono molte sinergie. Con la collaborazione della Provincia e delle categorie economiche, specie la Confcommercio, sono state fatte scelte oculate per determinare i 121 mila metri quadrati che sono la superficie complessiva autorizzabile per tutto il Veneto. Si è voluto impedire l’aggregazione di medie strutture di vendita che negli anni scorsi hanno provocato situazioni incontrollabili sotto il profilo normativo e che non rispettavano standard, né viabilità, accessi, impatto ambientale. Il futuro del Veneto - ha aggiunto - vedrà meno centri commerciali. Ci sarà più attenzione per la tutela del territorio, per l’ambiente, per la sostenibilità delle economie locali. Si vedranno meno capannoni”.
Fra l’altro, anche a legge approvata, la Regione ha dovuto emanare una circolare per dire che per le domande di nuove medie strutture di vendita e negozi che non si trovano in zone produttive “D” ma in zone diverse a specifica destinazione commerciale “si applicano, in quanto compatibili, i criteri commerciali adottati dai Comuni ai sensi della vecchia legge commerciale del ‘99”. L’assessore ha, comunque, assicurato che verrà presto completato l’iter di consultazione per riportare in giunta la delibera che definisce cos’è un parco commerciale e che perciò chiuderà le porte a tutte quelle strutture che si mettono una vicina all’altra e costituiscono di fatto centri commerciali. D’ora in poi dovranno sottostare alle normative che regolano le grandi strutture. Continua, peraltro, a mancare il provvedimento regionale che definisce il rapporto massimo fra negozi di vicinato e medio-grandi strutture di vendita.
“La legge urbanistica - ha osservato la presidente Dal Lago - attribuisce alle Province la competenza programmatoria in relazione alle grandi strutture di vendita. Ma se andiamo a leggere l’articolo 15 della legge di programmazione commerciale la Provincia non è mai citata e si rimanda tutto al vecchio schema Comune-Regione per mettere insieme la programmazione territoriale e l’autorizzazione commerciale. E’ una incongruenza grave se confrontata con le dinamiche del commercio del nostro territorio. Le competenze vere verranno con l’approvazione del Ptcp, il Piano territoriale di coordinamento provinciale, ma la Regione ha chiesto una montagna di dati per cui ci vorrà molto tempo per approvarlo. Lo abbiamo segnalato, assieme alle altre Province, alla Regione, chiedendo che si trovi un accordo per accelerare i tempi”.
Quanto all’urbanista Lucato ha posto sul tappeto una serie di questioni e di provocazioni, a cominciare dai problemi connessi al cambio di destinazione d’uso. “Le pianificazioni intelligenti- ha concluso - non possono più essere fatte dai singoli Comuni. Più che di nuovi Pat, Piani di assetto del territorio elaborati dai Comuni, occorrerà spingere perché nascano Pati, Piani di assetto intercomunali. E più che una facoltà dovrà essere un obbligo”. Infine, Gaetano Fontana, il presidente della commissione che ha varato la riforma del commercio, ha chiarito un quesito importante su un problema posto dalla legge, quello secondo cui le aggregazioni fra esercizi commerciali dovrebbero essere distanti 3 chilometri una dall’altra: “Posso assicurare - ha spiegato - che nel collegato alla Finanziaria regionale quella distanza sarà ridotta a 400 metri o poco più”.
Franco Pepe

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