STUDI DI SETTORE, LE NOVITA’ DELLA FINANZIARIA
Nr. 03 del 14/02/2005
Introdotti già dal 1998, gli studi di settore sono uno strumento di accertamento dei ricavi delle imprese sulla base dei dati strutturali e contabili dichiarati dalle stesse.
La legge Finanziaria 2005 ha previsto alcune novità riguardanti la revisione periodica, l’accertamento e l’adeguamento in dichiarazione ma il testo di legge definitivo è il frutto di un laborioso e proficuo confronto tra l’Agenzia delle Entrate e le Associazioni di categoria. Il testo originario della legge Finanziaria prevedeva, infatti, numerose modifiche che le categorie economiche e gli ordini professionali ritenevano in contrasto con i principi ispiratori e le linee guida degli studi.
Tra quelle più controverse, la questione del cosiddetto “aggiornamento annuale” che adeguava automaticamente ogni anno i risultati degli studi di settore con un semplice provvedimento amministrativo, sulla base degli indici ISTAT differenziati per settore di attività, territorio e dimensione delle imprese, in relazione ai dati di contabilità nazionale. Provvedimento questo che risultava incompatibile dal punto di vista tecnico, poiché i dati di contabilità nazionale sono attualmente disponibili per circa 50 settori di attività economiche e dal punto di vista territoriale la banca dati si ferma a livello provinciale. Dati quindi che non arrivano al livello di dettaglio degli studi di settore che individuano, invece, quasi 2000 modelli organizzativi di imprese e, per di più, a livello comunale. Altra evidente anomalia dei dati di contabilità nazionale dell’ISTAT è rappresentata dall’aggregazione in un unico settore del commercio al dettaglio, così come anche l’intero comparto del commercio all’ingrosso.
L’ipotizzato aggiornamento automatico degli studi sconfessava e stravolgeva anche un elemento basilare dell’intera operazione che aveva introdotto questo strumento di accertamento dei ricavi, ossia il confronto ed il dialogo tra fisco e contribuente, con l’inevitabile conseguenza dell’aumento del contenzioso nell’applicazione degli studi. Importante e proficua è stata allora la costituzione di un tavolo tecnico, ad opera del Ministro dell’Economia e delle Finanze, che ha messo a confronto diretto le parti interessate, da un lato i rappresentanti delle categorie economiche e degli ordini professionali e dall’altro l’Agenzia delle Entrate.
Il testo approvato in via definitiva dal parlamento sembra quindi più rispettoso dei principi ispiratori e delle linee operative che regolano gli studi di settore. Tra le novità introdotte significativo è quanto stabilito per la revisione periodica: di norma avverrà ogni quattro anni a decorrere dall’entrata in vigore dello studio o dalla sua ultima modifica e potrà essere anticipata solo in considerazione di dati ed informazioni ufficiali di rilievo, sentito comunque il parere di una specifica Commissione di esperti, formata anche da rappresentanti delle categorie dei contribuenti interessati. In tema poi di accertamento da studi di settore, grazie al serrato confronto in sede tecnica, si sono ottenute modifiche significative per le imprese in contabilità ordinaria, anche per opzione, e degli esercenti nel campo delle arti e delle professioni. L’applicazione dell’accertamento in base agli studi avverrà solo quando in almeno due periodi d’imposta su tre consecutivamente considerati, compreso quello da accertare, l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinati sulla base degli studi risulterà superiore a quello dei compensi o ricavi dichiarati. L’accertamento si renderà possibile anche in caso di rilevanti situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale appositamente predisposti e resi noti, ma a tutela del contribuente verrà inviato, prima della notifica dell’accertamento, un invito a comparire davanti all’ufficio competente.
Da ultimo, relativamente all’adeguamento in dichiarazione, è stata introdotta la possibilità di adeguamento in via definitiva ai risultati degli studi di settore, anche ai fini Irap, con un trattamento differente a seconda che l’adeguamento avvenga nel primo periodo d’imposta di applicazione dello studio o in quelli successivi.
Nel primo caso non si pagheranno interessi, mentre nel secondo l’adeguamento sarà possibile versando, entro il termine per il pagamento a saldo dell’imposta sul reddito, una maggiorazione del 3% calcolata sulla differenza tra ricavi e compensi derivanti dall’applicazione degli studi e quelli risultanti dalle scritture contabili. Tale maggiorazione, però, non dovrà essere versata se la differenza in questione non supera il 10% dei ricavi o compensi annotati nelle scritture contabili.
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