TARSU DAY, IL TERZIARIO CONTRO IL CARO RIFIUTI
Nr. 08 del 25/04/2005
Doveva essere una “tariffa intelligente”, in grado di far pagare di più chi produce più rifiuti e di garantire un’equa distribuzione degli oneri, sostenuti dai Comuni, per lo smaltimento dei così detti RSU. Invece ci sono imprese che si sono viste recapitare conti salatissimi, con aumenti che, in Veneto, hanno toccato anche il 547 per cento. Sotto accusa la TIA, la Tariffa di Igiene Ambientale (o Tari, come è anche chiamata), per ora applicata in via volontaria da alcuni enti locali per sostituire la vecchia Tarsu, (Tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti) perché colpisce in modo iniquo, in particolare le imprese del comparto del commercio, del turismo e dei servizi. Tanto che la Confcommercio nazionale si è mobilitata con un’iniziativa speciale: il Tarsu day, un roadshow di protesta che sta percorrendo in lungo e in largo tutta la Penisola e che nei giorni scorsi ha fatto tappa in Veneto, dove ha trovato la piena adesione delle associazioni locali dei commercianti. Vicenza e Padova, ad esempio, in prima linea già da tempo su questo tema, hanno indetto una conferenza stampa il 20 aprile per spiegare la ragioni della protesta contro le nuove tariffe di smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
D’altronde proprio il Veneto è tra le regioni dove la TIA, istituita dal Decreto Ronchi del 1999 e operativa obbligatoriamente in tutta Italia dal 1. gennaio 2006, ha trovato maggiore applicazione. A Treviso viene applicata dal 72,63% dei comuni della provincia, la percentuale è del 61,36% nel veneziano, 33,67% nella provincia di Verona e 23,08% nel territorio padovano. A Vicenza, invece, la Tariffa rifiuti è applicata in 23 comuni su 121 (19,01%). Una percentuale non tra le più alte, forse anche grazie al pressing della Confcommercio provinciale, che è intervenuta con forza e determinazione presso le varie amministrazioni locali per evidenziare, ed evitare, le “storture” insite nel passaggio dalla vecchia tassa rifiuti alla nuova tariffa. La causa di tutto sta nel fatto che i Comuni hanno facoltà, in base al Decreto Ronchi, di applicare la Tia seguendo i criteri allegati alla legge, parametri che però si sono rivelati molto lontani dalla realtà per quanto concerne la produzione di rifiuti delle attività commerciali. Gli incrementi monitorati proprio in Veneto dalla Confcommercio nazionale fanno rabbrividire. Si va da percentuali di incremento del 467% per distributori di carburanti al 547% per alberghi con ristoranti. Ma certo non sono meno significativi gli incrementi del 200% per edicole, farmacie, tabaccai, del 149% per discoteche e del 100% per i bar.
Focalizzando la situazione nel comune di Vicenza, il passaggio dalla Tarsu alla Tia, avvenuto a settembre del 2002, ha comportato incrementi del 108,60% per le fiorerie, del 141,50% per bar e caffé, del 138,80% per ristoranti e pizzerie, del 118,50% per banchi alimentari del mercato, del 108,60% per negozi di ortofrutta e pescherie. Meno colpite altre categorie pur significative, come i supermercati (+54,40%) e gli alberghi con ristorante (+38,1%).
Durante la conferenza stampa del “Tarsu day”, che si è svolta a Vicenza il 20 aprile scorso, è stato il presidente Sergio Rebecca, affiancato dal direttore Andrea Gallo e dal responsabile nazionale del settore qualità, sicurezza e ambiente della Confcommercio Pierpaolo Mascioccchi, a spiegare i vari lati oscuri di tutta la questione.
“I coefficienti di misurazione dei rifiuti previsti dal legislatore nel 1999 - ha detto Rebecca - si sono dimostrati, sul campo, più il frutto della necessità e dell’urgenza che dati reali. Alcuni comuni per risultare tra i primi della classe sono passati alla nuova tassa senza verificare, come del resto prevede lo stesso Decreto Ronchi, la reale produzione di rifiuti delle varie categorie merceologiche, provocando evidenti iniquità, che finora grazie anche all’azione sindacale della nostra Associazione, hanno limiti più contenuti del previsto”.
A conferma della situazione, i dati forniti dal dirigente nazionale Masciocchi derivanti da un’iniziativa di sperimentazione avviata dalla Confederazione in alcune provincie italiane, volta alla misurazione della quantità di rifiuti effettivamente prodotta dalle singole categorie merceologiche. “Tale campagna - ha sottolineato Masciocchi - ha evidenziato che i parametri previsti dal Decreto Ronchi sono superiori del 50% rispetto alla reale produzione di rifiuti delle attività del terziario e, in molte realtà locali, il sistema di gestione del servizio rende il costo di raccolta un costo fisso, indipendente dalla quantità di rifiuti raccolti. In più si tende ad attribuire alla parte variabile i soli costi di trattamento e smaltimento. Tali prassi di fatto violano il principio che è giusto pagare in base alla quantità di rifiuti prodotti”.
E l’equità della tariffa, fondata proprio sul principio “paghi per quello che getti” dovrebbe invece essere la struttura portante della norma. L’ente locale, infatti, dovrebbe prioritariamente implementare un sistema effettivo di misurazione dei rifiuti e solo in via transitoria utilizzare i parametri forniti dal legislatore. Parametri che, come si è detto, andrebbero rivisti prima che si passi da un’applicazione volontaria della legge, come sta succedendo oggi, alla sua effettiva entrata in vigore.
“Alla base di tutto - conclude il presidente della Confcommercio di Vicenza Sergio Rebecca - ci deve comunque essere il buon senso degli amministratori. Alcuni comuni hanno avviato il nuovo sistema solo per incrementare il gettito proveniente dalla tariffa, senza cogliere il vero spirito della legge. Quando parliamo di tariffa e quindi non più di tassa, dobbiamo capire che si tratta di un corrispettivo dovuto dal cittadino per usufruire di un servizio, alla stregua delle forniture di elettricità, acqua, gas, telefono eccetera. Non si può quindi trattare di un altro balzello che colpisce direttamente le tasche degli operatori senza garantire, al contempo, quelli che dovrebbero essere i risvolti positivi della normativa: sostenibilità ambientale, efficienza economica e soprattutto progressività”.
“Quello che chiediamo con forza, aderendo in pieno alla campagna di protesta del Tarsu Day - ha rimarcato il presidente Rebecca - è che si fermi questo sistema: chiediamo che le nostre imprese non restino le più penalizzate dal passaggio dalla tassa alla tariffa e che si proceda, come prevede la legge stessa, alla verifica della loro reale produzione di rifiuti”.
A conclusione dell’iniziativa Tarsu Day, la Confcommercio nazionale presenterà alle Istituzioni la richiesta “di un intervento normativo radicale - ha detto Masciocchi - volto a riformare il sistema e a renderlo equo per tutte le utenze domestiche e non domestiche, anche sulla base di ciò che avviene nei paesi dell’Unione Europea dove la sperimentazione è già avviata. Il tutto per rendere effettivo il principio comunitario “chi più inquina più paga”.
Torna alla pagina precedente