DANILO LONGHI: UNA VITA AL SERVIZIO DELLO SVILUPPO ECONOMICO E CIVILE DELLA SUA TERRA
Nr. 09 del 09/05/2005
Ha vissuto da protagonista della vita politica la grande stagione del boom del Nordest ma aveva capito forse prima di tutti che la globalizzazione aveva chiuso per sempre un capitolo di storia e un modello economico, e che bisognava aprire una pagina nuova impostata questa volta non più sulle fortune della singola azienda familiare e sull’imprenditore self-made man ma sui saperi, sulla formazione, sul concetto di squadra, su un’altra visione di cultura manageriale e produttiva. E’ scomparso a 71 anni Danilo Longhi, un uomo diventato un’autentica istituzione dell’economia vicentina, veneta e italiana. Nella sua lunga carriera ha ricoperto un grande numero di cariche del massimo prestigio, spesso finalizzate a dare nuovo slancio e visibilità al comparto economico della sua terra.
Era nato a Pedemonte il 30 novembre 1933 e aveva iniziato la sua attività pubblica come amministratore locale: eletto nel 1975 come rappresentante della Dc in Consiglio comunale a Vicenza, aveva fatto parte dell’amministrazione del sindaco Giovanni Chiesa dal 1975 al 1980, in veste di assessore all’urbanistica. Confermato consigliere nel 1980, diventato capogruppo dello scudocrociato, nel 1983 era stato designato dalle categorie economiche alla presidenza della Camera di Commercio di Vicenza, carica che ha ricoperto ininterrottamente sino al 2002, per 19 anni. E qui era iniziata anche una lunga e brillante carriera politico-amministrativa che l’ha visto ascendere a incarichi di prestigio assoluto a livello nazionale e internazionale. Nel 1992 era stato nominato presidente di Unioncamere, l’organismo che riunisce le Camere di commercio italiane, e, durante questa presidenza durata fino al 2000, Longhi era stato il motore della riforma degli enti camerali e di quella legge 580/1993 che ne ha rivisto radicalmente l’ordinamento, le funzioni e l’organizzazione. Nel 1998 era stato nominato vicepresidente di Eurochambres, l’organismo che raggruppa 1300 Camere di Commercio di 34 Paesi europei, e dal novembre del ‘99 era diventato presidente di Assocamerestero l’Associazione che riunisce una settantina di Camere di commercio italiane all’estero. È stato anche presidente di Tecno Holding, società che controlla le partecipazioni del Sistema camerale italiano, oltre che consigliere di Infocamere, Cerved, Italrating e della Fondazione Censis. Danilo Longhi è stato anche al vertice dell’Ente Fiera di Vicenza, del Centro internazionale di architettura “Andrea Palladio”, della Fondazione Giacomo Rumor - Centro Produttività del Veneto, dell’azienda speciale Vicenza Qualità, dell’Ente Vicentini nel mondo, della Fondazione Nordest e del Consorzio di promozione turistica Vicenza è, nonché consigliere di amministrazione della Banca Popolare di Vicenza, del Banco di Sicilia, di Banca Nuova.
Il suo declino fisico era iniziato il 6 novembre del 2002, quando all’aeroporto di Fiumicino era stato colpito da un ictus, che lo aveva paralizzato nella parte destra del corpo e lo aveva menomato nell’uso della parola. Aveva per questo lasciato molte delle sue cariche, ad eccezione della presidenza di Assocamerestero e della carica di consigliere della Camera di commercio di Vicenza.
Per capire quale fosse la forza del suo pensiero basta ripercorrere in sintesi due suoi discorsi, il primo da lui fatto a nome delle Camere di commercio il 2 marzo del 2000 al Consiglio Europeo di Lisbona, e il secondo al momento del suo commiato da presidente di Unioncamere nel luglio dello stesso anno. “Quel che sta avvenendo in Italia ed in Europa - aveva detto nella capitale portoghese - indica l’entità dei mutamenti in corso e, quindi, della necessità di dover procedere, con immediatezza e decisione, nel predisporre nuovi scenari operativi, sia da parte del sistema delle istituzioni pubbliche che di quello delle imprese produttive. La new economy non racchiude soltanto un nuovo settore, ma è soprattutto un modo di organizzare diversamente la produzione, la distribuzione, il rapporto con il mercato e con il consumatore. Tutto questo cambiamento ha posto a tutti degli interrogativi: si tratta o meno di vera rivoluzione e sarà soprattutto portatrice di vero sviluppo? Se le risposte possono essere positive, se a queste spinte in avanti dobbiamo credere, occorre che anche le Camere di commercio, come istituzioni operanti nell’economia, riflettano, si adeguino, si accompagnino nella modernizzazione. Purtroppo - aveva aggiunto - il timing dell’economia non è quello della politica, perché i cambiamenti economici sono molto più veloci dei tempi delle riforme politiche. Le strategie dello sviluppo debbono fare i conti con le prospettive della nuova economia, con i tempi rapidi dei giorni di Internet. L’Europa non può nè indugiare sul percorso, nè rallentare il ritmo dei processi innovativi”.
L’indicazione futuribile di Longhi era cioè che i governi dovessero misurarsi su due importanti questioni: la prima per sostenere il nuovo tipo di sviluppo, legato alle tecnologie dell’ultima generazione; la seconda, sui nuovi differenti rapporti tra consumatori e imprese, tra cittadini e amministrazioni, con la necessità di differenti regole e modelli per i reciproci comportamenti.
Un’altra testimonianza di ciò che era il suo pensiero, Longhi l’ha lasciata nel discorso di addio da presidente camerale, ripetendo le parole di un proverbio cinese: “La differenza tra il giardino e il deserto non è l’acqua. È l’uomo”. E questo per sottolineare come al centro dell’economia ci sia solo e sempre l’uomo, quello che è stato il segreto del “modello veneto”, e quello attorno al quale dovrà ruotare il futuro, puntando soprattutto sulla conoscenza, “perché non si può essere ricchi e ignoranti per più di una generazione”.
Autodidatta, una volontà di ferro, instancabile, la capacità di ritrovare sempre nuove energie, Danilo Longhi partito dalla piccolissima Pedemonte che aveva conosciuto anche la dominazione austriaca s’era formato una cultura profonda e vasta. Una voglia di curiosità straordinaria, che esercitava nella grande passione per i libri, che divorava letteralmente senza mai stancarsi, e nei viaggi di lavoro in giro per il mondo che lo avevano portato dappertutto, Longhi è rimasto sempre fedele alle proprie radici, alle proprie tradizioni, al culto dei propri affetti. Non passava una domenica, quando gli impegni non lo tenevano lontano, che non andasse a trovare l’anziana madre al paese e poi non andasse trovare in cimitero i suoi cari defunti, i genitori, la sua Francesca. E anche, per questa somma di sentimenti, era legato ai vicentini nel mondo, agli emigrati, a quei Circoli che considerava preziose ambasciate di vicentinità, punte avanzate di una civiltà di valori, e il suo impegno rinnovatore anche in questo campo era stato quello di saldare le ragioni della vecchia emigrazione fondata sulla nostalgia con la nuova domanda dei giovani basata essenzialmente sulla cultura.
Si era battuto per il voto degli italiani all’estero. “E’ un atto di giustizia - diceva - che viene dopo tanti anni di vana attesa. E’ un atto che si deve a chi con il suo lavoro ha contribuito alla ricostruzione dell’Italia nel difficile dopoguerra e che oggi procura al nostro Paese un indotto di migliaia di miliardi all’anno”. E si era impegnato per dare risposte ai problemi socio-assistenziali di chi intendeva fare ritorno definitivo nel Veneto e all’esigenza di coinvolgere le nuove generazioni nelle attività associazionistiche.
Così allo stesso modo, ora che Vicenza da provincia di emigrazione si era trasformata in provincia di immigrazione, esprimeva sempre la massima apertura all’accoglienza a migranti e extracomunitari.
Longhi era un mix di esperienza, serietà, buonsenso, capacità di mediazione, spirito costruttivo. Era soprattutto un mediatore, che non ledeva mai gli interessi personali di nessuno e puntava al bene comune. Ed è anche per questo che sarà ricordato al di là del suo forte impegno istituzionale, come protagonista della storia del nostro territorio.
Danilo Longhi è sempre stato un uomo del dialogo sempre e comunque. Anche con l’Ascom aveva avuto un proficuo rapporto improntato alla massima collaborazione, anche per la diretta e automatica connessione, espressa nei programmi operativi, fra ente camerale e mondo del terziario. Oltre ad essere stato autorevole relatore in numerosi convegni organizzati nella sede provinciale su temi di grande interesse per il settore commercio, come la salvaguardia e la valorizzazione dei centri storici e sulle questioni riguardanti il rapporto tra grande distribuzione e commercio tradizionale, Danilo Longhi ha inaugurato nel 1992 l’attuale sede della Confcommercio di Vicenza. Proprio lo scorso novembre, in occasione della cerimonia annuale di consegna dei riconoscimenti Fenacom ai Maestri del Commercio, nonostante le sue condizioni di salute, aveva accettato volentieri l’invito a partecipare. In quella occasione, Longhi è stato insignito di uno speciale riconoscimento da parte della Fenacom provinciale e il presidente Girolamo Bari, consegnandogli il premio, lo aveva salutato come Maestro tra i Maestri, ringraziandolo per i tanti e significativi anni di protagonismo e di servizio svolti a favore del tessuto economico e sociale del territorio vicentino.
“E’ stato un uomo - ricorda il presidente dell’Ascom provinciale Sergio Rebecca - che, con acume e lungimiranza, è riuscito a traghettare le Camere di commercio italiane verso una nuova e moderna dimensione organizzativa e operativa. Di ciò che ha fatto, delle sue intuizioni, del suo dinamismo, sempre proiettato in avanti, della sua capacità di anticipare i tempi ma anche di saldare con equilibrio il passato delle tradizioni e della storia da non dimenticare con il futuro che avanza e non si fa attendere, restano e resteranno obiettivi raggiunti, risultati conquistati, indicazioni tangibili, tracce difficilmente cancellabili. La sua lunga presidenza alla Camera di commercio di Vicenza ha dato stabilità e stimoli sempre forti al mondo delle aziende, della produzione e del lavoro, che egli ha guidato da un modello economico che ha conquistato primati nazionali e mercati mondiali alla fase di transizione post-industriale, al nuovo e rivoluzionario fenomeno della globalizzazione e all’avvento dell’Euro. E lo ha fatto mettendo in pratica ciò che diceva Gibran, secondo il quale non si progredisce cercando di migliorare ciò che già è stato fatto, bensì cercando di realizzare ciò che ancora non esiste”.
“Longhi - conclude Rebecca - ha dimostrato una spiccata sensibilità europea sposata al culto delle ragioni, mai però anguste, particolaristiche e settarie, bensì ricche di umanità, di valori esistenziali e di cultura, le stesse che distinguono i veneti e i vicentini in patria e all’estero. Pensando cioè in grande ma senza rinunciare al piccolo, guardando al mondo esterno ma anche al piccolo mondo antico della civiltà locale e familiare delle origini e degli affetti, senza cioè mai dimenticare la saggezza dell’umiltà, sempre con garbo, con signorilità, dando un servizio che fa ormai parte della storia del nostro territorio”.
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