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CRESCITA E CONSUMI FERMI, L’ECONOMIA NON VA

Nr. 10 del 23/05/2005

Un prodotto interno lordo che non cresce e una domanda interna praticamente ferma. In compenso, l’unico campo in cui si può essere contenti di non registrare aumenti significativi è quello dei prezzi, che resteranno sostanzialmente immutati. A tracciare un quadro piuttosto desolante dell’andamento dell’economia italiana è stato, nei giorni scorsi, il Centro Studi Confcommercio, che ha presentato alla stampa le proprie previsioni economiche 2005-2006. Secondo il documento del Centro Studi Confcommercio, le stime di crescita della nostra economia diffuse dal Governo risultano difficilmente raggiungibili. Questo a causa di “una eredità del 2004 molto deludente e di una evoluzione produttiva nel primo trimestre dell’anno pesantemente negativa, che colloca il nostro Paese come ultimo per sviluppo in Europa e denuncia la presenza di una fase ciclica recessiva”.
In particolare, “anche in presenza di una decisa accelerazione delle dinamiche produttive a partire dal secondo trimestre del 2005” difficilmente il Pil 2005 crescerà oltre lo 0,3%. Sull’andamento complessivo del 2005 pesano sia le difficoltà dal lato della domanda interna sia di quella proveniente dall’estero. Per quanto concerne il 2006, dovrebbe permanere “la tendenza ad un profilo di crescita sostanzialmente contenuto”: lo sviluppo dovrebbe attestarsi sul +1%.
Altro capitolo dolente è quello relativo all’andamento della domanda interna. Secondo il Centro Studi Confcommercio, infatti, dovrebbero continuare ad emergere anche nel 2005 e nel 2006 “i forti elementi di debolezza già emersi nel corso del 2004”. Nel biennio, la spesa per consumi delle famiglie crescerà inoltre a ritmi più contenuti rispetto a quanto registrato nei due anni precedenti, continuando ad evidenziare andamenti molto articolati.
Nel complesso del 2005 si prevede un aumento della domanda per consumi da parte delle famiglie dello 0,3%. I beni alimentari, che nel 2004 hanno registrato una flessione, dovrebbero registrare un andamento sostanzialmente stagnante, mentre più favorevole dovrebbe risultare l’evoluzione della domanda per quelli durevoli. Tuttavia, il documento segnala “l’esaurirsi della spinta propulsiva degli accessori per la telefonia, per alcuni prodotti per le comunicazioni e per alcune tipologie di servizi” e la forte difficoltà della domanda per mezzi di trasporto. L’atteggiamento molto prudente delle famiglie nei confronti del consumo dovrebbero continuare anche nel 2006, con una crescita della spesa pari allo 0,9%.
“Sugli andamenti previsti - nota il Centro Studi - pesano le forti incertezze che caratterizzano il quadro di sviluppo interno, le preoccupazioni sull’aggravarsi della situazione della finanza pubblica, i ritardi nei rinnovi contrattuali, ed un ulteriore possibile aumento dei prezzi dei prodotti derivati dal petrolio. Effetti scarsamente bilanciati dal maggiore reddito derivante dalla riforma fiscale”. Per tacere di eventuali modifiche nella politica monetaria, che potrebbero ulteriormente condizionare i comportamenti delle famiglie”.
Unica nota positiva, si diceva, la sostanziale stabilità del prezzi. La dinamica dei prezzi al consumo, infatti, dovrebbe restare sotto controllo anche nei prossimi mesi. Il Centro Studi Confcommercio stima un’inflazione in crescita dell’1,7% nel 2005, dato che “riflette il permanere di dinamiche contenute dei prezzi dei beni, alimentari e non, favorite da una evoluzione moderata dei prezzi dei prodotti nazionali di origine agricola ed industriale, e di quelli di importazione. A questa situazione si dovrebbero associare anche politiche di prezzo da parte della distribuzione particolarmente contenute e volte a creare elementi di stimolo ad una domanda delle famiglie sostanzialmente stagnante”. Emerge comunque “la dinamica decisamente contenuta dei prezzi dei beni a cui si contrappone una evoluzione dei prezzi dei servizi decisamente più sostenuta”. In particolare, a marzo c’è stato un “boom” dei viaggi aerei (+29%), dei servizi prestati dalle professioni liberali (+13,9%) e dei servizi bancari (+9,1%). Per quanto concerne i beni, sono soprattutto quelli di largo consumo a evidenziare una evoluzione dei prezzi contenuta, in particolare i prodotti alimentari non lavorati (-1,5%). All’interno di questo gruppo di prodotti si segnalano le diminuzioni su base annua delle patate (-9,9%), degli ortaggi (-5,3%) e della frutta fresca (-4,7%).”Questa tendenza - si legge ancora nel documento del Centro Studi - è stata più che controbilanciata dall’evoluzione dei prezzi dei prodotti energetici, al netto dei quali l’indice dei prezzi al consumo evidenzierebbe un incremento dell’1,5% a marzo, che scontano una variazione tendenziale del +6,9%. Il trend generale di contenimento dei prezzi dovrebbe comunque proseguire anche nel 2006, anno in cui si stima un tasso medio dell’inflazione dell’1,8%. Ci sono però alcune incognite, legate all’andamento degli alimentari freschi e del petrolio, all’evoluzione dei prezzi dei servizi di pubblica utilità nazionali e locali e alle politiche salariali che saranno seguite nel rinnovo dei contratti. Senza dimenticare le difficoltà di bilancio, sia nazionali che locali, che potrebbero spingere le amministrazioni, dopo un periodo di sostanziale stabilità, ad agire sui prezzi dei servizi controllati.
Certo, ad influire sulla sostanziale tranquillità del campo prezzi è anche la scarsa propensione alla spesa del consumatore che, obiettivamente, è poco incentivato ad aprire il portafogli, non avendo sentito un grande beneficio nemmeno dalla riforma fiscale. In questo senso anche il mancato rinnovo di molti contratti collettivi nazionali di lavoro (ad oggi solo il 58% è regolarmente in vigore) ha il suo peso sulla crisi dei consumi. Lo afferma il documento del Centro Studi Confcommercio, sottolineando che se i rinnovi avverranno ad un tasso del 4,5%, corrispondente all’incirca all’incremento che il Governo è disposto ad offrire per il rinnovo nel pubblico impiego, ciò porterebbe ad un incremento del monte retribuzioni di oltre 5 miliardi di euro.
Se questo fosse avvenuto già nel 2004, la disponibilità immediata di questo incremento retributivo si sarebbe tradotta, ipotizzando una propensione marginale al consumo dell’85%, in quasi 4,4 miliardi di maggiore spesa per l’acquisto di beni e servizi. Ne sarebbe derivata una crescita dell’1,4% in termini reali rispetto al 2004, vale a dire circa mezzo punto percentuale in più della crescita ipotizzata per i consumi delle famiglie residenti nell’ultimo aggiornamento della Relazione Previsionale e Programmatica del Governo (+0,9%). E poi c’è il lato delle imprese. Nel corso della presentazione dello studio, il presidente della Confcommercio Sergio Billè è tornato a chiedere a gran forza un intervento sull’Irap. “Se si agisce sulla componente del costo del lavoro Irap, bisogna prevedere una no-tax area per le imprese fino a 15 dipendenti”. Un proposta che potrebbe dare il “la” ad un dibattito serrato, considerata l’ormai improcrastinabile necessità di rivedere l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive.

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