LA NUOVA DEFINIZIONE DI PICCOLA E MEDIA IMPRESA
Nr. 12 del 20/06/2005
L’8 maggio 2003 l’Unione Europea con Raccomandazione 2003/361/CE ha apportato alcune significative modifiche alla definizione di Piccola e Media Impresa. Per consentire una transizione senza ostacoli dalla vecchia alla nuova definizione, le variazioni sono state applicate a partire dal 1° gennaio 2005.
Fino al 1996, ogni Stato aveva una propria definizione di PMI. Con la Raccomandazione 1996/280 la Commissione stabilì una definizione comunitaria, armonizzando così le normative dei vari Stati membri. La Raccomandazione, infatti, è equiparabile alla Direttiva per gli effetti sull’ordinamento nazionale: ogni Paese è tenuto ad adeguarsi secondo le caratteristiche soprannazionali. Così è stato per la raccomandazione 1442/2003 che ha appunto fornito i nuovi criteri di individuazione delle PMI.
La definizione delle PMI non è solo formale, ma è d’importanza fondamentale nell’individuazione delle diverse categorie d’imprese che possono beneficiare di incentivi, di finanziamenti e di agevolazioni regionali, nazionali ed europei. Innanzitutto occorre dire che la Raccomandazione europea attribuisce nuovo significato alla sigla PMI : non più piccola e media impresa, ma “microimpresa, piccola e media impresa”. Questo perché i nuovi parametri dimensionali individuano non solo attraverso il numero dei dipendenti, ma anche con parametri di bilancio, al categoria delle microimprese: viene, quindi, riconosciuto a questa terza categoria di imprese un ruolo a tutti gli effetti.
L’innovazione consiste nella dilatazione dei tetti massimi in tema di fatturato e di attivo di bilancio per rientrare a pieno titolo nella categoria delle cosiddette PMI o SMEs. Restano invece validi i vecchi limiti riguardanti numero dei dipendenti e criterio dell’indipendenza.
La variazione è tutt’altro che trascurabile, in quanto consente ad un numero elevato di imprese di entrare a far parte di un “club” oggetto di agevolazioni e attenzioni da parte di organismi comunitari e nazionali.
Prima di passare all’esame dei parametri, è bene precisare due aspetti che la normativa europea sottolinea in merito alla definizione di impresa e alla determinazione dei dati, sui quali calcolare i parametri dimensionali. Sul primo aspetto la normativa definisce l’impresa ogni entità che, a prescindere dalla sua forma giuridica, eserciti un’attività economica. Lo scopo di lucro è il discrimine: attività, individuali o familiari, cooperative sociali rientrano in questa definizione, mentre ne restano fuori le associazioni (riconosciute e non) e le fondazioni senza scopo di lucro. Sul secondo, è bene precisare che i dati impiegati per calcolare i parametri sono quelli riguardanti l’ultimo esercizio contabile chiuso.
Parametri
Criterio dipendenti
Con le nuove regole il primo criterio - numero massimo di dipendenti - rimane invariato.
In particolare si considerano:
- micro imprese quelle con meno di 10 dipendenti;
- piccole quelle con meno di 50 dipendenti;
- medie quelle con meno di 250 dipendenti.
Rispetto alla precedente Raccomandazione, il numero dei dipendenti non fa riferimento ai soli lavoratori assunti a tempo indeterminato da parte dell’azienda, ma ai cosiddetti “occupati effettivi”. Rientrano nel computo anche i collaboratori equivalenti ai dipendenti, che svolgono un’attività regolare nell’impresa. In pratica, i lavoratori part-time o quelli temporanei o in congedo-aspettativa vanno considerati come frazione di Ula (Unità lavorative-anno).
Criterio fatturato
/Stato Patrimoniale
Il criterio del fatturato viene invece modificato in questi termini:
- micro, meno di 2 milioni di euro (nella vecchia definizione non era stabilito);
- piccole, meno di 10 milioni di euro (prima erano 7);
- medie, meno di 50 milioni di euro (prima erano 40).
In alternativa al criterio del fatturato può essere utilizzato, se più favorevole all’impresa, quello del totale di bilancio, anch’esso modificato dalle nuove norme:
- micro, meno di 2 milioni di euro (prima non definito);
- piccole, meno di 10 milioni di euro (prima 5);
- medie, meno di 43 milioni di euro (prima 27).
Criterio di indipendenza
Immutato rispetto al passato il criterio dell’indipendenza economica, secondo il quale un’impresa si considera indipendente se detenuta per non più del 25% del suo capitale da un’altra impresa. Nel caso in cui invece un’altra impresa detenesse una quota superiore, ai fini della determinazione della dimensione aziendale, sarà necessario cumulare i valori in termini di dipendenti e fatturato (o totale attivo) di entrambe.
Più in generale, per le società partecipate per più del 25% da altre società, al fine della definizione di PMI bisognerà procedere alla sommatoria, sia a valle che a monte dell’impresa, dei dati inerenti a fatturato e dipendenti di ciascuna entità giuridica. In altre parole, se A detiene il 30% di B ed è detenuta a sua volta per il 50% da C, al fine di stabilire se B è o non è una PMI, bisognerà sommare i dipendenti di tutte e tre. Se il risultato sarà inferiore a 250 unità, si andrà a verificare che la sommatoria del fatturato di tutte e tre sia inferiore a 50 milioni di euro o che in alternativa la somma del totale attivo di bilancio delle tre società non superi i 43 milioni di euro. Se saranno verificate queste condizioni, ci troveremo in presenza di una PMI.
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