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INFLUENZA AVIARIA: NESSUN PERICOLO DAL CONSUMO DI CARNE

Nr. 19 del 24/10/2005

Sul virus dell’influenza aviaria, che in queste ultime settimane sta tenendo in apprensione l’opinione pubblica, va sfatato fin da subito un luogo comune: il contagio non avviene attraverso il consumo di carne. I casi, tra l’altro rari, di contagio da animale a uomo avvengono a causa del contatto con animali malati, soprattutto in ambienti dove vi è grande promiscuità e condizioni igieniche precarie. E si tratta di allevamenti collocati soprattutto nel Sud-Est asiatico, anche se più recentemente quello che tutti conoscono come il virus dei polli si sta affacciando anche in Europa
Perché allora tutto questo allarme e il conseguente calo nei consumi di carne, per esempio di pollo o di tacchino? “La diminuzione dei consumi, tra l’altro immotivata vista la modalità di contagio - afferma Vanni Poli, direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Ulss 6 di Vicenza - è tutta legata ai timori sollevati da una informazione gestita male e che ha fatto passare messaggi allarmistici. Certo, siamo tutti consapevoli del pericolo che si sta prospettando, ma andrebbe anche chiarito che il livello di rischio esistente nel nostro Paese, è molto basso”. E il pericolo a cui si riferisce Vanni Poli è quello dello scatenarsi di una pandemia, nel caso il virus si modificasse, combinandosi con un virus influenzale umano, rendendo molto più facile la trasmissione da uomo a uomo, per ora confinata a qualche decina di casi in tutto il mondo. “In questo caso - dice Poli - ci troveremmo in una situazione di mancanza di copertura immunitaria per questo nuovo virus e quindi la diffusione potrebbe essere davvero pericolosa”.
Perché dunque tanta preoccupazione per un pericolo che è ancora ipotetico? Perché l’esperienza dice che le pandemie sono cicliche, accadono ogni 30-40 anni, e dopo la spagnola (anni 1918-20), la asiatica (del 57) e quella di Hong-Kong (del 1968) ora potrebbe essere arrivato il turno di una nuova epidemia. Un’epidemia che potrebbe espandersi con grande velocità anche a causa della grande facilità di spostamento dei nostri giorni.

Migliaia i controlli in provincia
Nel frattempo, però, ciò che si sta concretamente facendo, in Italia e nel Vicentino in particolare, per affrontare questa emergenza è tenere sotto controllo gli allevamenti per evitare che l’influenza aviaria colpisca anche qui da noi. “Siamo particolarmente vigili - spiega il direttore del Dipartimento di prevenzione dell’Ulss 6 di Vicenza - ma allo stesso tempo anche sufficientemente tranquilli sul fatto che questo particolare virus, che sta colpendo i paesi asiatici, non dovrebbe diffondersi da noi. Ciò in primo luogo - spiega Vanni Poli -per il fatto che l’Italia è autosufficiente in questo tipo di prodotto, vale a dire che non c’è alcuna necessità di importare pollame da paesi esteri dove l’influenza è attiva”.
Va detto che nel territorio della sola Ulss 6 sono attivi circa 180 allevamenti tenuti costantemente sotto controllo dai servizi di prevenzione. “Oltre all’autocontrollo delle stesse aziende - dice Vanni Poli - ci sono quelli dei nostri veterinari e sono parecchi”. Basti pensare che ogni allevamento realizza circa 4 cicli produttivi l’anno. Per ogni ciclo ci sono mediamente un paio di visite da parte dei veterinari dell’Ulss. Ciò significa quasi 1500 visite l’anno A queste si sommano le visite legate all’emissione dei certificati, che sono circa 3 per ogni ciclo produttivo, vale a dire intorno alle 2.100 visite. Insomma, in un anno i 180 allevamenti della provincia vengono controllati quasi 4mila volte, un pressing in grado di far emergere immediatamente qualsiasi anomalia. “Non c’è nulla di eccezionale in questo modo di operare, è per noi la normale amministrazione - afferma Vanni Poli - . Chiaro comunque che il livello di attenzione è elevato perché in sanità pubblica non si può mai essere certi di nulla”.

Attenzione ma non allarme
Dunque attenzione ma non allarme, così si potrebbe riassumere l’atteggiamento del servizio di prevenzione del’Ulss 6 di Vicenza. Un atteggiamento che dovrebbe, se adeguatamente informati, caratterizzare anche i consumatori. Prima di tutto, va ribadito, perché il virus dell’influenza aviaria non si contrae mangiando carne e poi perché nelle nostre macellerie si vende praticamente solo carne proveniente da volatili di cortile allevati in Italia. Una certezza, in questo senso, arriva anche dalla recente ordinanza del ministero della Salute emessa sulla scia della decisione comunitaria 2005/ 464/ Ce.
Proprio a scopo di profilassi delle malattie infettive e diffusive dei volatili da cortile, è stato disposto l’obbligo di riportare sulle carni fresche, nonché sulle preparazioni e sui prodotti a base di carni di volatili da cortile, l’indicazione IT (che sta per Italia), seguita dal numero identificativo di registrazione presso le Asl dell’allevamento di provenienza degli animali; la data o il numero di lotto della macellazione; il numero di riconoscimento dello stabilimento di macellazione. Indicazioni che il punto vendita dovrà esporre e collocare su di un’etichetta da apporre sul prodotto preincartato. Un elemento, questo, che garantirà trasparenza e maggiore sicurezza al consumatore.

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