IL CASO DI LAMON E IL PREVEDIBILE EFFETTO DOMIN
Nr. 20 del 7/11/2005
Intervento di
Massimo Albonetti*
3 novembre 2005. Un piccolo comune (3 mila abitanti) della provincia di Belluno, tramite un referendum popolare, ha espresso la volontà di lasciare il Veneto per essere annoverato tra i comuni del Trentino Alto Adige.
Ma anche i comuni vicini dicono: “E perché noi no?” Allora anche Sovramonte e Fonzaso, che vivono gli stessi problemi del confinante di Lamon. Ma allora anche Livinallongo, Rocca Pietore, Colle Santa Lucia, Cortina, Falcade, confinanti con la provincia di Bolzano. E perché non Gosaldo, che è a due passi dal Primiero? E Sappada, così vicina al Friuli Venezia Giulia?
Ma allora, il resto della provincia di Belluno, tutta incuneata tra due regioni a statuto speciale, perché non dovrebbe godere dei trattamenti previsti per queste ultime? E tutto il Veneto Orientale, vicino di casa del Friuli?
A questo punto c’è chi propone che tutto il Veneto sia inglobato con il Trentino Alto Adige e con il Friuli Venezia Giulia, costituendo un’unica macro-regione privilegiata!
Questo è il dibattito comparso sulla stampa in questi giorni, e queste sono le proposte variamente ipotizzate dai nostri politici dell’una e dell’altra sponda dei poli partitici.
Al di là delle affinità culturali e linguistiche che apparentano i territori interessati e che, anche giustamente, farebbero avanzare proposte di nuove aggregazioni, tutti sappiamo che il vero nodo della questione è quello della disponibilità di risorse finanziarie pubbliche, elargite con una certa abbondanza nelle regioni a statuto speciale (Friuli e Trentino), e maggiormente centellinate (... eufemismo!) nel Veneto, regione a statuto normale. Dichiarazioni ufficiali di politici ricordano che per ogni cittadino veneto lo Stato passa l’equivalente di 167 euro, mentre per ogni cittadino del Trentino Alto Adige lo stesso Stato passa ben 1.600 euro.
Si creano disparità incomprensibili tra i singoli cittadini, ma anche tra le imprese che per localizzarsi e sopravvivere nel territorio possono contare su agevolazioni non comparabili, realizzandosi così una realtà di concorrenza sleale, che danneggia gli uni e privilegia gli altri.
Se questa è la realtà, ritengo che una soluzione non vada ricercata spostando i confini dei privilegi, perché in questo modo ci sarà sempre qualcuno, più o meno confinante, che resterà escluso e che si lamenterà della discriminazione, chiedendo a sua volta di essere ricompresso nei nuovi limiti territoriali.
Non si tratta quindi di spostare i confini più a sud o più a ovest, ma è necessaria una politica che eviti per il presente e per il futuro che ci siano privilegi. Se nella storia passata ci poteva essere stato qualche motivo per agevolare dei territori, oggi, realisticamente, questi motivi sono venuti a cadere.
In questo senso concepiamo il nuovo federalismo, che da alcuni anni è al centro della discussione politica su come vogliamo ricostituire il nostro Stato, dopo la fase centralistica del dopoguerra. Un federalismo che valorizzi il territorio, che faccia permanere le risorse dove sono state create, che responsabilizzi le autonomia locali, che - con spirito di solidarietà - aiuti anche le aree più sfortunate, con attenzione verso particolari necessità locali, ma non con discriminazioni indiscriminate, oggi non più contemplabili.
Di federalismo fiscale si parla poco, mentre questo dovrebbe essere un obiettivo da tutti condiviso, perché senza risorse economiche non si può andare da nessuna parte, e le parole restano tali, i propositi restano sulla carta.
Il comune di Lamon ha avuto il merito di riproporre temi un po’ dimenticati. Il suo esempio potrà essere utile se sarà da stimolo a riprendere un discorso fondamentale, di autentiche riforme istituzionali, di svecchiamento di un apparato pubblico che dia risposte migliori ai cittadini e alle imprese, senza privilegi a favore di cittadini di serie ‘A’ e avvilenti discriminazioni per i vicini di casa.
* Presidente Confcommercio Veneto
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