martedì 17 gennaio 2006
SALDI INVERNALI: SODDISFATTI NEGOZIANTI E CLIENTI
I saldi non hanno perso appeal, anzi. I primi dieci giorni di vendite a prezzi scontati non hanno deluso le attese né dei negozianti né dei clienti alla ricerca dell’attesa occasione. Dopo una partenza sprint, in cui quasi tutti quelli che entravano in negozio hanno acquistato, ora l’entusiasmo per le vendite di fine stagione sta ritornando a livelli di normalità, confermando così la tendenza che, ad essere importanti sul piano degli incassi sono, come sempre, i primi dieci giorni di svendite.
A delineare questo primo bilancio sui saldi invernali sono i risultati del sondaggio effettuato telefonicamente dalla Confcommercio di Vicenza tra gli operatori del settore abbigliamento e calzature, scelti in modo da rappresentare un significativo campione.
In generale, i negozianti hanno rilevato un incremento delle vendite, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mediamente del 20%. Quasi tutti confermano che ad essere aumentata non è tanto la capacità di spesa del cliente (che resta critica per la fascia medio bassa di persone) quanto il posticipo dell’acquisto del capo desiderato, proprio durante il periodo dei saldi.
A spendere di più sono le donne di età compresa tra i 25 e 35 anni, seguono poi i giovani che privilegiano l’acquisto di jeans e capi di tendenza, le mogli o le madri di famiglia che comprano per sé e per i familiari con un occhio sempre fisso sul bilancio domestico, mentre gli uomini, in generale, sono quelli che partecipano meno di tutti alla caccia allo sconto.
Gli articoli più ricercati nei negozi di abbigliamento sono i capi spalla, soprattutto piumini, giacconi imbottiti; a seguire, sulla scia della moda più attuale, le gonne, da portare con gli stivali. Proprio quest’ultimo articolo è quello più venduto dai negozi di calzature e pelletteria. Bene anche le borse, a conferma che l’accessorio diventa sempre più importante e di attualità.
L’acquisto, anche se in saldo, rimane un atto programmato e sempre meno dettato dall’istinto o dalla voglia di gratificarsi, nel senso che il cliente entra in negozio per comperare ciò che già aveva visto prima, un articolo del quale conosce bene valore e caratteristiche.
Il senso delle svendite, è il caso di ricordarlo, è quello di esaurire le rimanenze di fine stagione, ma l’inverno è iniziato da poco e la stagione, appunto, non è certo alla fine. Su questo aspetto tutti i negozianti sentiti dalla Confcommercio concordano, e confermano, che però non avrebbe senso posticipare l’inizio dei saldi invernali, per il fatto che la tendenza nel settore abbigliamento calzature è quella di anticipare le stagioni. I negozi più specializzati, in genere, a fine gennaio hanno in vetrina i nuovi arrivi, perché sono questi gli articoli che la clientela richiede. Semmai, dicono in molti, sarebbe il caso di anticipare l’inizio al 2 gennaio, visto che i giorni che vanno da Natale fino all’avvio dei saldi, sono un periodo insignificante sul piano delle vendite. Non manca nemmeno chi pensa il contrario: far partire gli sconti a fine gennaio, mettendo in svendita gli articoli, effettivamente, di fine stagione.
Visto poi che diventa sempre più incisiva la concorrenza degli outlet, degli spacci aziendali e di altre forme della distribuzione che attuano una politica degli sconti tutto l’anno, alcuni negozianti avanzano l’ipotesi di liberalizzare i ribassi. Mediamente, però, otto commercianti su dieci, sostengono che i saldi vanno ancora mantenuti, facendo però rispettare meglio la regolamentazione esistente, in quanto conservano la loro validità, sia per “fare cassa”, sia per eliminare gli articoli disassortiti.
Infine un’ultima considerazione che va a sfatare i soliti inviti alla prudenza fatti puntualmente a inizio delle svendite dalle associazioni dei consumatori. Tutti i negozianti intervistati confermano che la merce in saldo sono tutti articoli di stagione e non “avanzi magazzino”. Il motivo è presto detto: nessuno tiene più le rimanenze, poiché l’investimento risulta troppo oneroso e improduttivo. Il negoziante ricorre infatti allo stockista, che compra tutto e libera in toto il negozio dagli articoli non venduti. In barba agli sconti.