I CONTRIBUTI DEGLI AUTONOMI NON SI TOCCANO
Nr. 17 del 18/09/2006
E’ un’ipotesi allo studio del Governo per la prossima Finanziaria, ma subito è scattato l’altolà della Confcommercio con una perentoria presa di posizione del presidente nazionale Carlo Sangalli. Il possibile aumento dei contributi previdenziali degli autonomi è rispedito al mittente come “non ricevibile” dalla più grande associazione di categoria del settore: “Nessuno pensi di sostituire lo “scalone” con l’aumento dei contributi agli autonomi”, ha detto Sangalli, riferendosi alla ridda di voci che indicavano nel Governo la volontà di recuperare i soldi mancanti dalla probabile attenuazione della riforma Maroni (che prevede, dal 2008, l’obbligo dei 60 anni di età quale requisito per la pensione di anzianità al posto degli attuali 57) proprio andando ad aumentare le aliquote contributive di commercianti, artigiani, coltivatori e iscritti alla gestione separata.
“Pensare di alzare i contributi degli autonomi mi sembra sia una misura poco meditata, non solo per ragioni politiche ma anche e soprattutto per ragioni tecniche” è il commento del direttore della Confcommercio di Vicenza Andrea Gallo.
“Per il lavoro autonomo, - continua Gallo - sono garantite tutele sociali più limitate e sono previsti requisiti e sistemi di calcolo più severi per conseguire la pensione e per calcolarne l’importo. In particolare, risulta estremamente penalizzante il calcolo retributivo per la liquidazione della prestazione di pensione nei casi di contribuzione mista. E’ dunque sbagliato e fuorviante considerare il mondo del lavoro autonomo come destinatario di un trattamento previdenziale privilegiato. Piuttosto - nell’ottica di un sistema di sicurezza sociale più inclusivo, ma anche finanziariamente sostenibile e responsabilizzante - bisognerebbe rapidamente procedere alla compiuta attuazione delle disposizioni in materia di abolizione totale del divieto di cumulo tra pensione di anzianità e redditi da lavoro dipendente o autonomo”.
Una misura, questa, che, assieme al rafforzamento della pensione integrativa, dovrebbe costituire un paracadute per il futuro di tanti lavoratori autonomi. “Esistono fior di studi elaborati dagli stessi enti previdenziali - spiega il direttore Gallo - che disegnano uno scenario per certi versi preoccupante per il futuro. Con l’attuale sistema di calcolo un commerciante che andrà in pensione a 60 anni nel 2016, con 35 anni di contributi, avrà una pensione corrispondente al 45% del reddito dichiarato ai fini contributivi. Pensare di alzare le aliquote mantenendo questo livello di pensioni mi sembra improponibile e certo non credo che il Governo pensi di ritoccare verso l’alto sia i contributi che le stesse pensioni, altrimenti non si capisce dove starebbero i risparmi di questa operazione”.
Dunque i contributi, per la Confcommercio, non si devono toccare, anche perché sul terreno dell’assistenza i lavoratori autonomi stanno già dando molto: “Basti pensare ai premi INAIL - incalza Andrea Gallo -, le imprese del terziario presentano una minore incidenza infortunistica, ma contribuiscono in maniera consistente al bilancio dell’Istituto. La gestione terziario dell’INAIL, infatti, registra oggi un saldo attivo di circa un miliardo di euro”.
Le imprese del terziario, poi, devono anche sopportare un costo del lavoro appesantito da svariati obblighi contributivi per i propri dipendenti: “Le aliquote Cuaf residue per gli assegni familiari e l’indennità di maternità rappresentano oneri posti impropriamente a carico del mondo del lavoro. - afferma il direttore della Confcommercio di Vicenza -, in quanto attengono a diritti di cittadinanza: il finanziamento dovrebbe essere assicurato dalla fiscalità generale. Nel settore terziario, poi, l’indennità economica di malattia rappresenta un maggiore costo del lavoro pari al 2,44 per cento e - per i pubblici esercizi - pari al 3,21 per cento. Valori tanto più rilevanti a fronte del permanere di situazioni settorialmente diversificate. Insomma - conclude Andrea Gallo - ce n’è abbastanza per dire che il mondo del lavoro autonomo non può essere il salvadanio da rompere per recuperare qualche soldo in più: sarebbe incomprensibile, visto tra l’altro che, come dimostrano le recenti statistiche elaborate dall’Istat, questo è al momento l’unico settore a trainare il Paese, a crescere e a far parlare di possibile ripresa dell’economia italiana”.
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