PROCEDURE STRAGIUDIZIALI. UN’ALTRA VIA E’ L’ARBITRATO
Nr. 17 del 18/09/2006
Un’altra modalità di comporre le liti in via stragiudiziale è costrituita dall’arbitrato, un procedimento, che evita il ricorso al giudice “togato”, nel quale le parti si rivolgono ad un terzo neutrale (l’Organo Arbitrale) per risolvere una controversia, e ciò in virtù di una clausola compromissoria preventivamente inserita nel contratto, ovvero a seguito di un atto di compromesso sottoscritto successivamente al sorgere della lite. Morale: all’arbitro è affidato il compito di decidere sulla controversia in maniera vincolante per le parti. La decisione della Camera Arbitrale ha due risvolti: se presa a seguito di un arbitrato rituale (disciplinato dagli artt. 806 e seguenti del codice civile), la pronuncia (detta lodo), una volta omologata dal Tribunale, acquista efficacia di sentenza di primo grado, tant’è che il ricorso diventa di competenza della Corte d’Appello. Nel caso invece si opti per un arbitrato così detto irrituale (che ha meno vincoli ma anche meno tutele), la pronuncia ha un’efficacia più limitata: ha in sostanza lo stesso valore di un contratto e la sua eventuale impugnazione è sempre avanti il giudice di primo grado. Una differenza, questa, che deve essere ben valutata prima di scegliere una delle due modalità. La recente riforma del diritto societario, ad esempio, ha dato nuovo impulso alla conciliazione ed all’arbitrato, prevedendo che le controversie societarie, previo inserimento della clausola compromissoria negli statuti e negli atti costitutivi, possano essere risolte facendo ricorso a tali procedure.