DISTRIBUTORI FUORI NORMA, SERVE PIU’ FLESSIBILITA’
Nr. 17 del 18/09/2006
“Distributori di carburante fuori norma? Inizialmente sembrava una débacle, poi, grazie al nostro intervento e alla sensibilità dimostrata dal Comune, siamo riusciti ad arginare il problema a pochi impianti, le cui incompatibilità con la normativa regionale sono effettivamente numerose e difficili da correggere”.
Gastone Vicari, presidente provinciale della Figisc-Confcommercio commenta così l’intervento del Comune di Vicenza mirato a mettere in regola la rete distributiva cittadina secondo i criteri della Legge Regionale 102/2003. In effetti, una prima ricognizione dei tecnici del Comune aveva evidenziato che su 54 aree di servizio esistenti in città, ben 20 presentavano delle caratteristiche non in linea con i sei criteri individuati dalla Regione, per lo più riferiti alla posizione della pompa di benzina rispetto alla viabilità e al contesto urbano. Le aree destinate all’impianto non devono, ad esempio, essere collocate in zone a traffico limitato, né in corrispondenza di incroci o biforcazioni di strade a uso pubblico o incroci a Y. I distributori non possono trovarsi all’interno di curve pericolose, con raggio inferiore a 100 metri, oppure a distanza non regolamentare da incroci, semafori, curve, dossi o altri accessi di rilevante importanza. E ancora: no a strutture che impediscono la visuale di monumenti e beni di interesse storico o ambientale e agli impianti privi di sede propria nei quali la distanza fra la pompa e il ciglio della strada è troppo limitata, vale a dire inferiore ai 4 metri, cosicché il rifornimento deve avvenire dalla sede stradale.
“Quando abbiamo avuto a disposizione l’indagine del Comune - affermaVicari - siamo subito intervenuti chiedendo un incontro ufficiale in cui siamo stati informati sulle situazioni “a rischio”. A quel punto il nostro impegno è stato quello di mettere in campo una serie di azioni in grado di salvare il maggior numero di impianti possibile”. In questo senso Confcommercio è anche intervenuta con una lettera alla Regione Veneto, in cui venivano richiesti alcuni importanti chiarimenti. E proprio nella risposta della Regione si è avuto la certezza definitiva della possibilità, da parte dei comuni, di intervenire con alcune deroghe, una facoltà, questa, che Vicenza ha esercitato pienamente. Alla fine la relazione presentata in Giunta ha sottolineato la possibilità di mantenere operativi 13 dei 20 impianti fuori norma, tramite interventi messi in atto dai proprietari delle aree di servizio o specifiche deroghe introdotte dall’amministrazione. Per gli altri sette, invece, i titolari delle autorizzazioni dovranno valutare la possibilità di presentare un progetto di adeguamento, in mancanza del quale è molto probabile la chiusura. “In questi casi - spiega il presidente della Figisc- Confcommercio di Vicenza - interviene il fondo di solidarietà della categoria, un ammortizzatore sociale che eroga un contributo commisurato alla quantità di carburante venduto dall’impianto quando era in attività. L’indennizzo dura fino a quella che sarebbe stata la scadenza naturale del contratto tra gestore e compagnia petrolifera, poi la speranza è che la stessa compagnia trovi una nuova collocazione per il gestore”. E su questo tema si apre un nuovo punto di domanda: la probabile chiusura di sette impianti prelude forse alla creazione di altre aree di servizio in città? “Non credo che le compagnie staranno a guardare - è il commento di Vicari - e in questo senso come categoria terremo monitorata la situazione”. Anche perché sull’apertura di nuovi impianti a Vicenza potrebbe, in un futuro nemmeno troppo lontano, poggiarsi l’attenzione della Gdo, pronta a cogliere al volo eventuali nuovi interventi sul fronte della liberalizzazione, così come accaduto per i farmaci. “Per i gestori l’entrata della Gdo nel settore potrebbe creare notevoli problemi - dice il presidente della Figisc di Vicenza -. Oggi il margine medio per noi è di 3-4 centesimi al litro. Difficile concorrere con gli sconti probabilmente praticati da chi, come appunto la grande distribuzione, può andare liberamente sul libero mercato e comprare carburante a prezzi vantaggiosi per poi girare lo sconto al cliente finale. Il problema dunque, per noi, non è di essere contro questa apertura alla Gdo, ma di avere pari opportunità, vale a dire di essere messi in condizioni di poter concorrere”. Non che ciò non sia possibile, già oggi esistono, anche in provincia, distributori di carburante ad insegna privata che acquistano sul mercato, “ma l’abolizione dell’obbligo di “bandiera” introdotto qualche anno fa - sottolinea Vicari - è stato colto solo da chi aveva le risorse sufficienti per costruire un impianto, possedendo inoltre il terreno e le necessarie autorizzazioni. Un insieme di elementi a cui oggi il gestore medio non può facilmente accedere, anche perché i margini sono veramente risicati”.
Al di là delle minacce ipotetiche, legate alle decisioni governative, la Figisc di Vicenza dovrà anche probabilmente affrontare, nei prossimi mesi, altre emergenze legate proprio alla normativa regionale applicata dal comune capoluogo. “Vicenza è stata capofila in provincia. Chiaro che nei prossimi mesi tutte le amministrazioni dovranno affrontare il problema della compatibilità dei distributori esistenti con le prescrizioni regionali e quindi avremo un quadro preciso di quanti impianti sono in regola e quanti no tra i circa 350 operativi in provincia. In questo senso - conclude il presidente Vicari - l’appello che lancio agli organi preposti e agli stessi colleghi e di coinvolgerci come categoria nelle decisioni, così da poter mettere in campo la nostra forza contrattuale, come sindacato più rappresentativo del settore in provincia, per risolvere eventuali problematiche. E’ certo infatti che chiudere un impianto significa creare un grave danno al gestore, prima che alla compagnia, e si tratta quindi di un provvedimento che deve essere preso solo dopo aver vagliato tutte le possibili alternative. In questo senso le amministrazioni locali devono considerare il fatto che quando c’è di mezzo il lavoro, e quindi il futuro di una persona e di una famiglia, serve la massima flessibilità”.
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