venerdì 13 aprile 2007
VOLONTA’ DI SECESSIONE? L’UNICA RISPOSTA IL FEDERALISMO
Sulla volontà di fuggire dal Veneto espressa platealmente da alcuni Comuni, perfino dalla provincia di Rovigo, mentre altri si avvicinano al referendum che formalizzerà la richiesta di essere accolti nelle confinanti e ricche Regioni a statuto speciale, interviene il presidente della Confcommercio di Vicenza Sergio Rebecca, anche a fronte della consultazione popolare, che si svolgerà il 6 e il 7 maggio prossimo sull’Altopiano di Asiago per chiedere o meno il passaggio al Trentino.
“Credo si debba parlare più di provocazione, per denunciare la disparità di trattamento tra cittadini italiani residenti in regioni vicine, ma diverse sotto l’aspetto dell’autonomia amministrativa e impositiva, più che di manifestazione di veri e propri sentimenti di appartenenza a questo o a quell’altro territorio – commenta il presidente della Confcommercio-. Certo che la “secessione” di importanti comunità del territorio veneto porta in primo piano il problema vero, cioè la necessità, manifestata dalla stragrande maggioranza dei cittadini del Veneto, e quindi non solo di quelli “secessionisti”, di porre fine a quei privilegi riservati ad alcune regioni e che risultano oramai anacronistici, e di pensare, invece, a attuare politiche in grado di dare riconoscimento alle specificità territoriali e all’avvio di un vero e proprio federalismo fiscale”.
Le richieste di passaggio di alcuni Comuni del Veneto ai territori confinanti, più “ricchi”, sembrano, infatti, sostanzialmente motivate più dai concreti vantaggi di cui godono i cittadini delle Regioni a statuto speciale, possibili grazie ai cospicui trasferimenti statali, che da ragioni legate alla storia o alle assimilazioni culturali. Resta il fatto che dal territorio veneto e non solo, emergono qua e là nuove richieste di autonomia, segno che la geografia economico-sociale fatica a ritrovarsi dentro i confini istituzionali.
Se si analizza qualche dato significativo, le diversità risultano più che evidenti: le regioni a Statuto speciale hanno entrate che derivano da compartecipazioni ai tributi erariali ben al di sopra del 50%, arrivando anche al 63% al Nord (dato 2002), mentre quelle a Statuto ordinario arrivano a stento al 3% (Fonte Formez: Primo rapporto annuale sullo stato del regionalismo in Italia 2002). E così succede che in Veneto, ad esempio, secondo gli ultimi rilevamenti della Regione, i cittadini dispongono di 2.400 euro pro capite, quando in Trentino Alto Adige si arriva a 8500 euro pro capite. Cifre che consentono al Trentino, ad esempio, di offrire tutta una serie di agevolazioni, oltre che di allentare la morsa del fisco locale.
Se poi guardiamo nello specifico al settore del turismo, che vede la regione Veneto ai vertici nazionali per presenze, le cifre ad esso destinate fanno riflettere. Nel 2000 la spesa pubblica pro capite per questa voce era nella nostra regione di 7 euro, mentre è stata di 93 euro nella provincia di Trento (Fonte Cifrel - Università Cattolica del sacro Cuore).
“Di fronte a questi dati – si domanda il presidente Rebecca – perché dunque stupirsi se i cittadini, ma anche le imprese, guardano a queste aree con sempre maggiore interesse? Chiaro che i comuni montani a forte vocazione turistica guardano al Trentino. L’appeal di una regione oggi si misura, almeno dal punto di vista delle imprese, sulla riduzione dei tempi delle pratiche burocratiche necessarie per aprire un’azienda, sulla pressione fiscale meno stringente, su un’ampia e articolata fornitura di infrastrutture e servizi pubblici. Qui la competizione fra Veneto e Trentino è molto ardua e non per mancanza di volontà degli enti istituzionali, Regione Veneto in primis, ma proprio per una differente situazione di partenza legata alle risorse disponibili. E chi ha di più, se gestisce con un minimo di lungimiranza, più fa”.
“A questo – continua Rebecca - si collega un altro aspetto tutt'altro che trascurabile: le distorsioni della concorrenza che un regime differenziato di aiuti alle imprese comporta. Le Regioni a Statuto ordinario, non potendo usufruire dei fondi statali alle medesime condizioni delle Regioni a statuto Speciale, non sono, ovviamente, in grado di mettere in atto valide strategie al fine di contrastare gli effetti delle politiche di sostegno alle imprese effettuate dalle Regioni a Statuto speciale. Per le nostre imprese si tratta di uno svantaggio non di poco conto, e non solo le imprese ma anche tutti i cittadini in genere, percepiscono chiaramente come a pochi chilometri di distanza dal loro territorio, in alcuni casi a poche centinaia di metri per le aree montane, esistano tutta una serie di agevolazioni e di servizi estremamente appetibili”.
“A questo punto – continua Rebecca – ritengo che l’appello che viene lanciato da alcuni comuni del Veneto, e in particolare da quelli del nostro Altopiano, assieme ai loro propositi secessionisti, sia quello di poter competere ad armi pari, togliendo le contraddizioni dell’attuale sistema e mettendo le regioni ordinarie sullo stesso piano di quelle a statuto speciale”.
“In questo senso la via del federalismo – afferma il presidente della Confcommercio di Vicenza - appare l’unica in grado di dare risposte convincenti. Anche a livello nazionale i tempi sembrano maturi. Finora il Veneto è stato, ed è tuttora la Regione più attiva nel chiedere a gran voce il federalismo, e in particolare il federalismo fiscale, inteso come necessità di autogoverno del territorio, di possibilità di utilizzare in loco, per i propri cittadini e per le proprie imprese, parte della ricchezza prodotta, di assicurare agli enti locali i mezzi per affrontare i problemi quotidiani dei cittadini. L’auspicio è che a livello regionale ci sia ora una prova di volontà da parte di tutti per raggiungere l’obiettivo. Certamente ciò darebbe più forza all’azione del Veneto nei confronti del Governo centrale, più efficacia al percorso e all’atteggiamento “veneto” in occasione del dibattito parlamentare sulla legge sul federalismo”.
“In questo clima complesso e stimolante – conclude Rebecca – Confcommercio Vicenza vuole e deve contribuire al dibattito, per raggiungere un federalismo che avvii concretamente nelle diverse realtà locali processi di ammodernamento delle istituzioni, che faccia lavorare le imprese in un sistema di maggior efficienza pubblica; per una sussidiarietà che non sia solo nuova ripartizione di poteri tra i diversi organi dello Stato, ma riconoscimento di un ruolo più forte per le formazioni sociali, e in particolare per le organizzazioni imprenditoriali. Insomma, un federalismo a geometria variabile che non freni chi avanza e non schiacci chi rallenta”.