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martedì 24 giugno 2008

NUOVA PROTESTA DI CONFCOMMERCIO VICENZA CONTRO GLI STUDI DI SETTORE

Dall’Ascom - Confcommercio di Vicenza si leva per l’ennesima volta la protesta contro gli studi di settore, fortemente penalizzanti, in particolar modo per il “piccolo” commercio al dettaglio, già da qualche anno in crisi per effetto del calo dei consumi.
“La nostra base associativa – dichiara Sergio Rebecca, presidente della Confcommercio di Vicenza – ci segnala la forte diversità tra le risultanze provenienti dai questionari degli studi di settore relativi all’anno d’imposta 2007 e la reale situazione reddituale delle loro imprese. Siamo pienamente convinti che le proteste dei nostri associati siano il termometro di un effettiva ingiustizia tributaria e pertanto stiamo intervenendo presso gli uffici competenti al fine di mitigare gli effetti accertativi. Di sicuro, al momento, c’è che aumenteranno i cosiddetti “soggetti non congrui” o “non coerenti” sulla base delle valutazioni che il Fisco farà considerando validi i risultati degli studi di settore 2008, che riguardano il periodo d’imposta 2007”.
“Con la recente revisione dei questionari, infatti – spiega il presidente Rebecca -, soprattutto per le categorie del commercio al dettaglio di generi alimentari, di carni, di abbigliamento e di calzature, ma anche per gli agenti di commercio, si è avuto un sostanziale balzo verso l’alto dei ricavi presunti che, in alcuni casi, risultano maggiori rispetto a quelli già improponibili dell’anno 2006 e, di conseguenza, della pressione fiscale sui titolari di partite Iva: con l’aggravante che, anche questa volta, non è stato possibile conoscere debitamente in anticipo quanto preteso dal Fisco”.
Confcommercio Vicenza, proprio per protestare contro l’iniquità degli studi di settore, lo scorso anno aveva raccolto più di 6.000 firme e partecipato attivamente all’azione promossa da tutte le Ascom del Veneto finalizzata sia alla cancellazione degli “indici di normalità economica” che alla richiesta di un’ulteriore revisione, stavolta concertata, di questi strumenti di accertamento del reddito.
“Con l’applicazione degli attuali studi di settore – aggiunge Rebecca-, tante piccole e medie imprese del commercio, del turismo e dei servizi che prima erano perfettamente in regola con il fisco ora non lo sono più. Si sta infatti verificando che con l’applicazione di questi nuovi parametri, giudicati da più parti molto approssimativi per tantissime categorie, il contribuente si vedrà aumentare in maniera significativa il reddito presunto anche a parità di guadagni. Ma la realtà ipotizzata dagli indici è ben lontana da quella in cui le nostre imprese effettivamente operano”.
L’Associazione di via Faccio, quindi, non molla la presa e vuole continuare la sua battaglia per rendere la “fotografia” fatta dagli studi di settore più aderente alle specifiche realtà aziendali.
“E’ evidente che l’oramai cronica sofferenza dei negozi al dettaglio non sia stata assolutamente valutata dallo strumento di accertamento presuntivo del reddito d’impresa – conclude Rebecca - e che, per quanto riguarda il commercio al dettaglio di abbigliamento e calzature, i correttivi previsti dal Fisco siano rivolti a pochi isolati casi. E che la situazione del commercio della provincia berica sia in sofferenza lo si evince anche dalle statistiche fornite dalla Camera di Commercio. I dati, in particolare quelli riferiti alle attività del settore commercio all’ingrosso e al dettaglio, evidenziano negli ultimi anni un sostanziale aumento delle cessazioni di tali attività. E’ ovvio, che il continuo inasprimento delle pretese dell’Erario non potrà che aumentare la gravità del fenomeno chiusure, depauperando una rete commerciale che ha sempre garantito un valido servizio di prossimità ai cittadini”.

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