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lunedì 03 novembre 2008

“GLI STUDI DI SETTORE TENGANO CONTO DELLA CRISI”

Se le famiglie stanno vivendo, oramai da tempo, la sindrome della terza settimana, anche le aziende della distribuzione commerciale faticano, in questo periodo di contrazione costante dei consumi, ad arrivare a fine mese. E così la scadenza del prossimo 30 novembre per il pagamento della seconda rata delle imposte sui rediti (Irpef, Ires, Irap e contributi previdenziali) è vista con preoccupazione da parte delle imprese commerciali, chiamate a versare le tasse sulla base di studi di settore che non tengono conto del momento di crisi.
“In una situazione davvero anomala come quella in cui stiamo vivendo – afferma Sergio Rebecca, presidente della Confcommercio di Vicenza e vicepresidente nazionale della Confederazione - sembra davvero paradossale che le nostre imprese, alcune delle quali anche con problemi di liquidità, si trovino a pagare le imposte sulla base di indici di “normalità economica”. Qui di normale, oramai non c’è più nulla: dai vertiginosi alti e bassi nei prezzi delle materie prime all’estrema difficoltà nei consumi. Da queste considerazioni nasce la forte richiesta delle imprese del commercio vicentine, che è stata raccolta anche dalla Confederazione nazionale, di intervenire sugli studi di settore, abbattendo in modo, questa volta sì congruo, i calcoli di redditività presunta per le attività della distribuzione”.
Secondo i dati raccolti dalla Confcommercio provinciale, quest’anno il 63% delle ditte soggette agli studi di settore è risultato “non congruo”, ovvero non ha raggiunto il ricavo desunto dal fisco sulla base degli “indici di normalità economica”.
“E il problema sta proprio lì - è il commento del presidente dell’Ascom di Vicenza Sergio Rebecca - vale a dire nel fatto che la così detta “congruità” non tiene conto di una situazione congiunturale sotto gli occhi di tutti”. Pure ipotizzando l’assenza di ulteriori flessioni, l’ufficio studi di Confcommercio nazionale indica, nel 2008, una crescita prossima allo zero del Pil (+0,1%), ma soprattutto una netta caduta della spesa delle famiglie residenti (-0,4%) e della spesa sul territorio (-0,5%), che incorpora anche il saldo della bilancia turistica. E per il prossimo anno Confcommercio prevede che il Pil calerà dello 0,3%, con la spesa delle famiglie residenti che diminuirà dello 0,5%.
“Non vedo – conclude Sergio Rebecca – come si possano ignorare questi dati, chiedendo alle imprese di pagare le tasse come se la situazione di crisi non esistesse. Servono subito adeguati correttivi, che passano anche attraverso una riduzione delle pressione fiscale sulle imprese del commercio e del turismo, a cominciare, appunto, dallo strumento degli studi di settore. A questo vanno aggiunte, contestualmente, misure di sostegno agli investimenti e alla liquidità, con la detassazione degli utili reinvestiti, la reintroduzione degli ammortamenti anticipati, una più ampia deducibilità degli oneri finanziari ed un rafforzamento del ruolo dei confidi”.

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