“Ma quale concertazione con le associazioni di categoria, l’ordinanza sugli orari dei pubblici esercizi emanata dal Comune di Vicenza è stato un vero e proprio blitz, aggravato da una sostanziale bugia di fondo, perché le nostre osservazioni sono state accolte solo su alcuni punti marginali e non sugli aspetti più importanti e di disastroso impatto per i bar e le discoteche”. Matteo Trevisan, presidente della Delegazione comunale Confcommercio di Vicenza, non usa mezzi termini per bollare l’ordinanza per la determinazione degli orari di somministrazione di alimenti e bevande emanata dal sindaco Achille Variati come un autentico colpo di mano, che rischia di mettere in crisi centinaia di attività e che incrina, nell’iter seguito, il clima di collaborazione, di fiducia e di trasparenza che dovrebbe caratterizzare il rapporto tra il Comune e le associazioni di categoria.
La cronistoria dell’emanazione dell’ordinanza, in questo senso, parla da sé: il 22 febbraio l’assessore alle Attività Produttive Tommaso Ruggeri presenta all’Associazione una bozza del provvedimento e Confcommercio si riserva alcuni giorni per studiarlo e presentare le proprie osservazioni. Dopo un’approfondita valutazione, si ravvisano ben venti punti (su 19 articoli di cui l’ordinanza è costituita) che necessitano di modifiche e l’Associazione spedisce dunque al Comune, lo scorso 2 marzo, una lettera con le proprie osservazioni.
In particolare, sui due punti più controversi la posizione di Confcommercio Vicenza è inequivocabile e perentoria: per quanto riguarda, infatti, l’articolo 2 relativo alle sale da ballo inserite nei centri abitati, la chiusura imposta alla mezzanotte ne decreta, in buona sostanza, la chiusura (anche se entro due anni dall’emanazione) e così Confcommercio ha scritto al Comune che “la previsione della cessazione alle ore 24.00 risulta eccessivamente penalizzante e palesemente vessatoria ed illegittima. Alle attività esistenti non viene concessa, di fatto, alcuna possibilità di lavorare dopo la mezzanotte, a prescindere totalmente da responsabilità soggettive o da misure eventualmente intraprese dalle stesse per ridurre i fattori di disagio”. In questo senso, dunque, Confcommercio ha chiesto “l’eliminazione in toto del comma in esame. Una tale previsione causerebbe infatti, ope legis, la chiusura dell’impresa, per cause non imputabili ad un comportamento lesivo, direttamente imputabile alla stessa, esponendo l’Amministrazione ad inevitabili ricorsi amministrativi”.
Altro punto contestato dall’Associazione è quello che ha ricondotto gli intrattenimenti consentiti nei pubblici esercizi alla sola musica di compagnia, con l’obbligo di cessazione alle ore 23.30. Una limitazione, quella relativa alle tipologie, palesemente in contrasto con la normativa (L.R. 29/2007) che riconosce tra le attività accessorie consentite a questi locali tutta una serie di spettacoli musicali. Confcommercio Vicenza aveva dunque scritto, nelle proprie osservazioni, di non condividere tale limitazione, chiedendo inoltre di innalzare l’orario previsto dall’ordinanza almeno all’una di notte.
Non solo: l’Associazione ha anche chiesto di “eliminare il numero massimo di eventi autorizzabili” perché tale previsione è “contraria al dettato normativo”.
“Possiamo affermare senza tema di smentita che solo la metà dei nostri suggerimenti sono stati accolti e che molteplici osservazioni, su elementi assolutamente essenziali, sono state totalmente ignorate; ma soprattutto dobbiamo essere chiari sul fatto che non c’è stata alcuna concertazione, perché non ci siamo mai seduti attorno ad un tavolo con il Comune per discutere le osservazioni presentate. Il provvedimento definitivo ci è stato inviato qualche ora prima della conferenza stampa dove l’Amministrazione – rincara il presidente Matteo Trevisan -, cosciente probabilmente che questa ordinanza avrebbe sollevato un mare di polemiche, si è palesemente nascosta dietro il paravento di una concertazione che non c’era”.
Confcommercio non nega che su circa 500 pubblici esercizi presenti nel territorio comunale ci sia qualcuno che può essere etichettato come “bar fracassone”, “ma qui si sono colpiti indistintamente tutti, con gravi conseguenze economiche per centinaia di operatori, con l’obiettivo di fermare qualcuno. E’ un po’, per usare una metafora, come andare a caccia di fringuelli con il bazooka – afferma il presidente della Delegazione comunale Confcommercio di Vicenza -: non si rendono davvero conto dei danni che faranno ad imprese che occupano centinaia di persone e che nella stragrande maggioranza dei casi sono rispettose delle regole e ci tengono a mantenere un buon rapporto con il proprio quartiere. Ci sono ben altri modi, se si vuole, per intervenire contro i così detti “fracassoni” senza vanificare l’impegno e la buona volontà di chi, ed è la stragrande maggioranza, si comporta correttamente”.
Ora Confcommercio sta valutando nel merito l’ordinanza che ha tra l’altro, come segnalato già nella lettera del 2 marzo, alcuni elementi che potrebbero decretarne l’illegittimità. Il provvedimento, infatti, trova il suo fondamento giuridico su due articoli del Decreto Legislativo 267/2000 per i quali il Tar del Veneto prima e quello della Lombardia successivamente, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale. Tale norma, infatti, scrive l’ultimo pronunciamento in materia, “attribuisce al Sindaco un vasto potere di ordinanza, esercitabile senza limiti di tempo e a prescindere da situazioni di urgenza, e come tale è potenzialmente eversivo della gerarchia delle fonti prevista dalla Carta costituzionale”.
Ma al di là del prossimo pronunciamento della Suprema Corte, Confcommercio Vicenza chiede all’Amministrazione Variati di ridiscutere immediatamente l’ordinanza attivando una reale concertazione, visti anche i forti risvolti economici che il provvedimento potrebbe avere sulla categoria.