Il netto calo delle vendite registrato ad aprile, secondo i dati diffusi dall’Istat, confermano la gravità della crisi in atto, con la riduzione progressiva del reddito disponibile dei cittadini che si riflette nella forte contrazione dei consumi. Su base annua l'indice delle vendite cala infatti del 6,8 per cento: -6,1 per cento per le vendite di prodotti alimentari, -7,1 per cento quelle di prodotti non alimentari. Mai così male dal 2011. Tenendo conto che maggio non è andato meglio, anzi, con la scadenza della prima rata dell’Imu, i consumatori avranno sicuramente “tirato” sugli acquisti, le preoccupazioni dei commercianti, per un futuro su cui si addensano ancor più gli effetti della crisi, sono in progressivo aumento. Se ne fa portavoce il presidente della Confcommercio di Vicenza, Sergio Rebecca che afferma deciso: “L’evidenza di questi dati deve unicamente portare a mettere una pietra tombale su ogni ipotesi di aumentare ancora l’IVA. La situazione è molto grave ed è quindi impensabile sferzare altri duri colpi al commercio. Si cerchino, invece, altre strade per reperire risorse, a cominciare dal taglio convinto, e oramai doverosamente inevitabile, della spesa pubblica”.
A guardare i numeri diffusi dall’Istat la caduta delle vendite tocca tutte le forme della distribuzione.
Le vendite per forma distributiva mostrano, infatti, nel confronto con aprile 2011, una marcata contrazione sia per la grande distribuzione (-4,3%), sia per le imprese operanti su piccole superfici (-8,6%). Le vendite di prodotti alimentari segnano una flessione dello 0,2% e quelle
di prodotti non alimentari del 2,2%.
“Purtroppo siamo al punto che nemmeno sconti, promozioni tre per due e altro ancora, riescono a stimolare le vendite – osserva Rebecca –. Il carrello della spesa è sempre più vuoto e calano le quantità acquistate di prodotti alimentari; ciò significa, che anche le porzioni di cibo si stanno riducendo. Va detto che il mese di aprile comprendeva la festa della Pasqua, che per tradizione raduna familiari e amici attorno a tavole piene di bontà, ma se il calo dei consumi è stato così evidente vuol dire che di soldi in tasca agli italiani ce ne sono pochi e sono prevalentemente utilizzati per pagare le spese fisse e le imposte”.
“Questa caduta senza freni delle vendite al dettaglio – conclude il presidente Rebecca – sta portando alla chiusura tante attività del commercio, anche nella nostra provincia. A rischio sono soprattutto i titolari dei negozi di prossimità, che sono compressi, da una parte, dalla tassazione a livelli ormai inaccettabili e dell’altra dalla progressiva diminuzione degli incassi delle loro attività. Ma non si frenano qui gli effetti negativi, poiché la chiusura di molti di questi negozi provoca un impoverimento delle nostre città, lasciando locali vuoti e cittadini con sempre meno negozi sotto casa, ma quel che più preoccupa lascia senza lavoro migliaia di lavoratori anche nel settore commercio. Per questo chiediamo, ancora una volta, di invertire la rotta dando priorità a misure per una reale crescita del Paese”.