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venerdì 20 settembre 2024

News - Agenti in forma societaria: pensionamento del socio e indennità di cessazione

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Nella prassi all’agente spettano le indennità di cessazione del rapporto, a prescindere dalla forma del mandato. Nella realtà non è esattamente così

 

È ampiamente diffusa la prassi di trasferire il mandato di agenzia dall’agente persona fisica ad una società, generalmente di persone, allo scopo di beneficiare di un trattamento fiscale più favorevole. A parte la trasformazione formale, il rapporto però solitamente prosegue come in passato. L’unico ed esclusivo titolare dell’attività di promozione delle vendite resta la stessa persona fisica dell'agente, che interviene non più come lavoratore autonomo, ma bensì, nella maggioranza dei casi, quale amministratore della società di rappresentanza.

Tale scelta può sembrare poco più che un’opzione di carattere organizzativo, ma invece può produrre a distanza di anni conseguenze tutt’altro che trascurabili.

Secondo la normativa vigente spettano le indennità di fine mandato all’agente o quando è la preponente a decidere la risoluzione del contratto di agenzia o quando l’agente stesso recede per accedere al pensionamento o per giusta causa. Ci si potrebbe attendere (come nella prassi infatti si constata spesso) che all’agente spettino le indennità di cessazione del rapporto, a prescindere dalla forma in cui abbia esercitato il mandato, se in forma di ditta individuale o per mezzo di una società commerciale, ma in realtà non è esattamente così.

Come è noto, l’indennità suppletiva di clientela e, più in generale, tutte le indennità di cessazione del rapporto di agenzia (ad eccezione dell’indennità accantonata presso Enasarco) spettano all’agente al ricorrere di determinati requisiti.

Quello che qui interessa in particolare, è quello espresso dal 3° comma dell’art. 1751 c.c. che, nell’escludere il diritto dell’agente alle indennità in caso di recesso dovuto a sua iniziativa, fa salvi i casi in cui il recesso dell’agente sia “giustificato da circostanze attribuibili all’agente quali età, infermità o malattia, per le quali non può essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività”.

In sostanza, all’agente che recede dal contratto di agenzia spettano le indennità di cessazione solo se il recesso sia motivato da cause, quali il pensionamento o la malattia, rispetto a cui egli sia, per così dire, incolpevole.

Sulla base di questa disciplina generale, la contrattazione collettiva di categoria stabilisce poi che spettino all’agente le indennità di cessazione qualora questi receda dal mandato di agenzia per raggiungimento della pensione INPS o Enasarco.


Ma cosa accade agli agenti in forma societaria che raggiungano la pensione?

In questo caso l’indennità non sarà dovuta.

Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione, con un ragionamento assai lineare (ordinanza n. 8008 del 2018).

Punto di partenza è l’incontestabile fatto che la persona fisica del socio di società/amministratore e la società sono due soggetti diversi.

Su questa base, la Cassazione ha rilevato che il recesso dal mandato operato dalla società di rappresentanza per pensionamento del socio/amministratore non rientri tra i casi di recesso non imputabili all’agente. Invero, il pensionamento del socio amministratore è fatto interno alla società, che ben avrebbe potuto proseguire l’attività avvalendosi di altra persona, diversa rispetto al soggetto pensionato.

Sebbene la conclusione appaia leggermente fuori fuoco rispetto alla pratica degli affari, dove spesso il rapporto fiduciario con l’agente –soprattutto per i mandati di lunga durata- è incentrato sulla persona fisica del collaboratore, essa è nondimeno necessitata dalla indiscutibile autonomia giuridica dei soggetti coinvolti.

La Corte di Cassazione ha chiarito che, essendo la società di persone soggetto dotato di propria personalità giuridica e centro di imputazione di interessi autonomo e distinto rispetto alla compagine sociale, il raggiungimento dell’età pensionabile da parte del legale rappresentante pro tempore e socio accomandatario è un fatto interno alla società del tutto irrilevante ai fini della prosecuzione del rapporto di agenzia, tant’è che i soci accomandanti ben potrebbero sostituirsi al soggetto pensionato o sostituire quest’ultimo con un terzo (Cass., Sez. II, ord. n. 8008, 30/03/20018).

In altre parole, in caso di recesso dal mandato operato dall’agente in forma societaria per pensionamento del legale rappresentante pro tempore e socio accomandatario, il contratto di agenzia verrebbe sciolto per fatto imputabile all’agente, costituendo il pensionamento del legale rappresentante pro tempore fatto interno alla società, che ben potrebbe continuare l’attività di agenzia avvalendosi di altra persona, diversa rispetto al soggetto pensionato.

Di conseguenza, all’agente in forma societaria:

  1. non sarà dovuta l’indennità prevista dall’art. 1751 c.c., laddove il rapporto sia disciplinato solamente dal Codice Civile;
  2. non saranno dovute né l’indennità di clientela né l’indennità meritocratica, ma solamente l’indennità di risoluzione del rapporto (F.I.R.R.), laddove il rapporto sia disciplinato solamente dagli A.E.C.;
  3. sarà dovuta solamente l’indennità di risoluzione del rapporto (F.I.R.R.), laddove il rapporto sia disciplinato sia dal Codice Civile sia dagli A.E.C..


Ma l’agente in forma societaria vicino al pensionamento può evitare di perdere le indennità di cessazione?

Anche se non ci siano precedenti casi noti una via sembrerebbe percorribile.

La stessa Cassazione nella sentenza sopra citata offre qualche utile suggerimento, che si riporta di seguito.

Rileva la Corte che, ove il rapporto di agenzia intercorra, come è ben possibile, con una società, le motivazioni del recesso [che legittimino comunque l’agente alla percezione delle indennità di cessazione -ndr] non possono che riguardare fatti che impediscano alla società stessa la prosecuzione dell’attività: irrilevanti, di per sé, rimanendo, i fatti che, come l’età, l’infermità o la malattia [o il pensionamento - ndr], abbiano riguardato la persona del socio, sia pure accomandatario [si trattava nel caso specifico di un agente sotto forma di s.a.s. - ndr] e, come tale, amministratore della stessa, i quali, infatti, non determinano alcuna conseguenza sulla prosecuzione dell’attività sociale, salvo, naturalmente, che la loro verificazione abbia indotto il socio accomandatario a recedere dalla società, quanto meno per giusta causa, ovvero gli altri socie ad escluderlo, ove abbia conferito la propria opera, e sempre che tali evenienze abbiano concorso ad integrare una causa di scioglimento della società e, quindi, di cessazione dell’attività sociale, come, ad esempio, la sopravvenuta mancanza di soci accomandatari per oltre sei mesi”.

Sembra dunque possibile, almeno in astratto, che anche gli agenti organizzati in forma societaria possano accedere alle indennità di cessazione del rapporto in occasione del pensionamento del socio che, in concreto, sia l’unico effettivo titolare del rapporto. Ciò purché, ed è questo il nodo centrale, il pensionamento del socio riverberi sulle vicende societarie in modo tale da fare ritenere che l’eventuale recesso della società dal mandato di agenzia sia giustificato da circostanze per le quali non può essere alla stessa ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività.

Come si vede, si tratta di un passaggio particolarmente delicato, che coinvolge anche le sorti della società e che, pertanto, richiede una attenta pianificazione.

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