L’agente che rivendica dalla Preponente provvigioni o indennità di fine mandato deve sapere che non potrà far valere i suoi diritti per un tempo illimitato.
Infatti il diritto ad ottenere il pagamento delle proprie provvigioni ovvero delle indennità prescritte per legge non ha durata infinita, ma soggiace al così detto termine prescrizionale. Decorso tale termine, infatti, l’agente non avrà più diritto ad ottenere quanto di propria spettanza.
Ma se questo è un dato “ovvio” e conosciuto, come da art. 2946 c.c., appare necessario conoscere altri aspetti:
a) entro quale termine l’agente ha diritto di richiedere il pagamento di quanto dovuto,
b) da quando detto termine inizia a decorrere,
c) in che modo si esercita il diritto
d) esistono modi di interrompere la decorrenza dello stesso?
Tale precisazione si rende opportuna poiché le diverse tipologie di “emolumento” indennitario, risarcitorio, provvigionale o premiale che compete all’agente non sono tutte soggette al medesimo termine di prescrizione e per alcuni di essi, il relativo diritto per potersi utilmente esercitare necessita di importantissimi accorgimenti giuridici.
Vediamo allora da vicino tutti i termini della questione.
LE PROVVIGIONI
Il pagamento delle provvigioni, essendo somme di denaro da pagarsi “periodicamente ad anno o in termini più brevi”, sono soggette al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, comma 1 n. 4, codice civile (Corte di Cassazione n. 14498 del 2019).
Parliamo in tal caso delle provvigioni dirette, ovvero di quelle che risultano essere maturate e riportate negli estratti conto provigionali e per le quali l’agente ha emesso la relativa fattura.
Il medesimo termine, inoltre, si applica alle c.d. differenze provigionali, ovvero alla quota di differenza tra quanto pattuito contrattualmente e quanto riconosciuto (in misura inferiore) dalla mandante. Qualora si verifichino irregolarità nel determinare la misura delle provvigioni, è consigliato “contestare” l’errore alla mandante, anche attraverso una semplice comunicazione (scritta) con la quale rendere edotta la preponente dell’errore riscontrato. Contestazione che, peraltro, nei contratti di agenzia è quasi sempre richiesta entro il termine di giorni 30/60 a decorrere dalla data di inoltro dell’estratto provigionale, pena la sua accettazione tacita.
Anche per le provvigioni postume, ovvero quelle spettanti all’agente dopo lo scioglimento del rapporto, se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente, o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta, sono soggette al termine quinquennale di prescrizione, rientrando nell’alveo di quelle provvigioni dovute periodicamente e spettanti per il proprio operato.
Infine, discorso differenziato deve essere fatto sulle provvigioni indirette. Esse, come noto, sono dovute all’agente in esclusiva per le vendite che la casa mandante abbia effettuato direttamente nella propria zona di competenza ovvero con clienti che l’agente aveva in precedenza acquisito per affari dello stesso tipo. Orbene, per esse la Corte di Cassazione è intervenuta specificando che, «atteso che il proponente non può operare, con continuità, nella zona di competenza dell’agente ma, ai sensi dell’art. 1748, comma 2, c.c., ha solamente la facoltà di concludere, direttamente, singoli affari, anche se di rilevante entità, dal cui compimento sorge il diritto dell’agente medesimo a percepire le cosiddette provvigioni indirette, ne consegue che, ove l’intervento del proponente sia meramente isolato, il diritto al pagamento della provvigione ha, a sua volta, natura episodica e non periodica, e, come tale, è soggetto alla prescrizione ordinaria (decennale) di cui all’art. 2946 c.c. e non alla prescrizione «breve» (quinquennale) ex art. 2948, n. 4, c.c.» (Cassazione civile , sez. lav., 06/06/2008 n. 15069).
Pertanto, se l’intervento della mandante è del tutto episodico ed isolato, il diritto dell’agente alla provvigione indiretta potrà essere fatto valere entro 10 anni, in caso contrario, anch’esse saranno soggette al termine breve di cinque anni.
Ma da quando decorre il termine quinquennale o decennale?
La disciplina dispone che il termine prescrizionale di ogni diritto decorre “dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere fatto valere”.
Ne consegue che, per il pagamento delle provvigioni, atteso l’art. 1749 comma 2 c.c., detto termine di decorrenza, in linea di massima, coincide con l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre cui la provvigione si riferisce (e non dalla data di cessazione del rapporto d’agenzia!) che rappresenta il termine ultimo entro cui la mandante deve effettuare il pagamento del dovuto.
A differenza di quanto accade per i lavoratori subordinati, infatti, ove il termine prescrizionale è sospeso durante il decorso del rapporto di lavoro, iniziando a decorrere dalla data di cessazione dello stesso, tale principio non trova applicazione alle provvigioni spettanti all’agente.
Ed allora, per fare un esempio, per le provvigioni del trimestre gennaio/marzo 2024, il termine prescrizionale decorrerà dal 30 aprile 2024. Pertanto l’agente potrà rivendicare il proprio diritto entro il 30 aprile 2029 / 30 aprile 2034 a seconda del termine quinquennale o decennale applicabile.
LE INDENNITÀ DI FINE RAPPORTO
Alla cessazione del rapporto di agenzia, se la cessazione avviene per iniziativa della mandante ovvero per dimissioni dell’agente per giusta causa, a quest’ultimo competono le indennità di fine rapporto.
Le indennità di fine rapporto, a seconda che il rapporto sia regolato o meno dagli AEC di settore, sono:
Partendo da quest’ultima indennità, essa è soggetta a 2 termini, uno decadenziale e uno prescrizionale.
Invero, la normativa codicistica prescrive che l’agente, entro un anno dalla cessazione del rapporto d’agenzia, deve chiedere espressamente alla preponente il pagamento di tale indennità a pena di decadenza.
Solo dopo aver ottemperato a tale onere, l’agente avrà 10 anni per far valere il proprio diritto prima che lo stesso cada in prescrizione. Di contro, se l’agente non ottempera il termine decadenziale di un anno, decade dal proprio diritto di vedersi riconosciuta l’indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c. a prescindere da ogni altro termine.
Il termine prescrizionale, in tal caso, decorrerà sempre dalla cessazione del rapporto e non già dalla data di comunicazione di voler ottenerne il pagamento.
Per quanto riguarda le indennità previste dagli AEC, invece, per esse non è espressamente previsto il rispetto del termine di decadenza di un anno. Tuttavia al riguardo, la Cassazione, chiamata più volte a pronunciarsi sull’applicabilità o meno di detto termine decadenziale anche per le indennità AEC, ha espresso nel tempo versioni contrastanti. Ad oggi, la Giurisprudenza di legittimità più recente, è a favore della applicabilità del termine di decadenza anche alle indennità degli A.E.C. (Cassazione n. 9348 del 17.4.2013).
Pertanto, invitiamo gli agenti a comunicare in ogni caso alla mandante, entro un anno dalla cessazione del rapporto, la propria volontà di ottenere le indennità di fine rapporto.
Rispettato tale termine, pure per il Firr, anche per le quote versate in Enasarco (si evidenzia che le stesse vanno richieste alla Fondazione entro 10 anni dal termine del mandato), l’Indennità Suppletiva e quella Meritocratica, trova applicazione il termine prescrizionale ordinario decennale.
INDENNITÀ DI PREAVVISO
Con riferimento all’indennità sostitutiva di mancato preavviso, invece, in primo luogo va detto che per essa non trova applicazione il termine decadenziale di un anno.
Ad essa, pertanto, si applica soltanto il termine prescrizionale di 10 anni a decorrere dalla data di scioglimento del rapporto.
Attenzione però ad un aspetto. Fino ad oggi, confortati dalle pronunce della Giurisprudenza, non vi erano dubbi sull’applicazione del termine ordinario decennale per ottenere il pagamento dell’indennità di mancato preavviso.
Negli ultimi anni, tuttavia, la Suprema Corte pare abbia modificato il proprio orientamento. Invero, con la sentenza n. 14062 del 2021 la Corte di Cassazione, ha affermato che «In tema di contratto di agenzia, l’indennità sostitutiva del preavviso, spettante all’agente al momento della cessazione del rapporto, è assoggettata alla prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 5, c.c. e non all’ordinario termine decennale, in ragione dell’esigenza di evitare le difficoltà probatorie derivanti dall’eccessiva sopravvivenza dei diritti sorti in occasione della chiusura del rapporto».
Nel dubbio, dunque, si consiglia di attivarsi nel termine di cinque anni per ottenere il pagamento anche di detta indennità.
ALTRI DIRITTI DI NATURA PATRIMONIALE
Il rapporto di agenzia, si sa, può prevedere il riconoscimento all’agente di ulteriori forme “retributive” a vario titolo anche connesse con eventuali attività accessorie a quella principale di promuovere affari.
Facciamo riferimento, ad esempio, a:
Per essi, richiamando il principio espresso per le provvigioni dirette, in quanto dovuti con cadenza periodica, troverà applicazione il termine prescrizionale di 5 anni decorrente dal giorno in cui il relativo diritto può essere fatto valere (vedi sopra). L’unica eccezione può riguardare i premi di produttività per i quali, laddove siano riconosciuti una tantum, troverà applicazione il termine decennale di prescrizione.
INDENNITÀ PER IL PATTO DI NON CONCORRENZA POST CONTRATTUALE
Quanto all’indennità spettante all’agente per la stipula del patto di non concorrenza post contrattuale, si ritiene applicabile il termine ordinario decennale di prescrizione.
Sul punto ci aiuta la formulazione ex art. 1751 bis c.c. che definisce tale indennità di natura NON provigionale, configurandosi pertanto quale ristoro per il pregiudizio derivante dall’esercizio di un atto lecito.
Non rientrando nella natura provigionale, e non essendo dovuto con cadenza periodica, sarà soggetto al termine decennale di prescrizione.
A prescindere da quale tipologia di indennità e/o provvigione spetti all’agente, si consiglia sempre di interrompere i termini prescrizionali entro ogni quinquennio. Appare doveroso ricordare, infatti, che l’agente non deve necessariamente avviare una controversia giudiziale per veder interrotto il decorso del termine prescrizionale. Potrà, infatti, inoltrare per il tramite di un proprio legale di fiducia e/o della propria organizzazione sindacale di categoria, una specifica lettera di diffida volta ad ottenere il pagamento di quanto dovuto. Tale comunicazione comporterà l’interruzione del termine prescrizionale il quale inizierà a ri-decorrere (per altri cinque o dieci anni) dalla sua data di ricezione.