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martedì 26 novembre 2024

News - Premi fedeltà agli agenti: trattamento ai fini fiscale e previdenziali

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Le differenti tipologie, il trattamento Iva, il regime reddituale e la rilevanza previdenziale

 

Scopo dei bonus fedeltà è quello di incrementare e consolidare i rapporti tra ditta mandante ed intermediario. I premi possono essere concessi soltanto ad alcuni agenti anche in funzione delle specifiche strategie di mercato poste in essere nell’ambito delle proposte commerciali. In alcuni casi, invece, è pattuito uno specifico impegno reale in capo all’agente teso al raggiungimento di determinati obiettivi quantitativi. Di tale importo occorrerà tenerne conto in sede di determinazione del F.I.R.R. e dell’indennità suppletiva di clientela.

LE DIFFERENTI TIPOLOGIE DEI PREMI FEDELTÀ
Il bonus costituisce un premio di solito corrisposto per ricompensare la fedeltà dell’agente di commercio, ovvero in funzione dei risultati di vendita raggiunti. In via interpretativa sono stati distinti:

  • i bonus quantitativi, ossia assegnazioni corrisposte in relazione ad attività proprie dell’agente e ricadenti sul volume d’affari della ditta mandante;
  • i bonus qualitativi per i quali le corrispondenti erogazioni sono previste, in generale, con riferimento a operazioni finalizzate all’ampliamento delle vendite e alla fidelizzazione della clientela della ditta mandante;
  • i bonus misti per i quali il riconoscimento dei premi è condizionato al conseguimento di risultati sia qualitativi sia quantitativi.


TRATTAMENTO IVA
La corretta qualificazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto dei bonus, concessi sotto forma di somme di denaro che la società riconosce ai venditori agenti, è stato affrontato più volte dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, la Risoluzione Ministeriale 7 febbraio 2008, n. 36/E, analogamente a quanto precisato dalle Risoluzioni Ministeriali n. 502713 del 23 settembre 1974 e n. 120 del 17 settembre 2004, ha ribadito un principio generale chiarendo come debbano essere trattati ai fini dell’IVA i “bonus”, ovvero le somme di denaro che la società produttrice riconosce alle imprese distributrici.

In quella sede è stato precisato che il “bonus” che la società riconosce contrattualmente ai venditori, può essere di tipo “quantitativo”, riconducibile ad un vero e proprio sconto sul prezzo, quando è legato al raggiungimento di un predeterminato volume di vendite, o di tipo “qualitativo”, tipica prestazione di servizi, quando è erogato a fronte di un’attività specifica (attività di marketing) svolta in aggiunta rispetto a quella principale, ovvero di compravendita.

Ne consegue che fiscalmente ai fini Iva:

  • i bonus quantitativi si traducono in una riduzione dei prezzi originariamente praticati dalla società all’atto della cessione dei prodotti e sono dunque equiparati ad abbuoni o sconti previsti contrattualmente ai sensi dell’art. 26, comma 2, D.P.R. 26.10.1972, n. 633: in questo caso l’operazione configura una semplice cessione di denaro, al di fuori del campo di applicazione dell’I.V.A., in quanto l’erogazione non costituisce il corrispettivo di una cessione di beni o di una prestazione di servizi;
  • i bonus qualitativi si qualificano come corrispettivo per prestazioni di servizi dipendenti da contratto d’agenzia, imponibili ad IVA, ai sensi dell’art. 3 del medesimo Decreto n. 633/72, per i quali è, quindi, obbligatorio emettere la fattura.


La natura dei bonus, che va desunta dagli accordi contrattuali stipulati tra le parti, è facilmente individuabile laddove i patti si presentino chiari ed univoci. Dubbi e incertezze sulla corretta qualificazione di dette operazioni sorgono, invece, in mancanza di accordi contrattuali precisi, perché in quel caso risulta difficile stabilire se una determinata somma è erogata con una finalità o un’altra.

Ciò accade, per esempio, per i così detti bonus misti ove, come abbiamo osservato, il riconoscimento dei premi rimane subordinato al conseguimento di risultati sia qualitativi che quantitativi. A tal proposito, la norma di comportamento Associazione Italiana Dottori Commercialisti numero 153 del 26 marzo 2006, suggerisce prudenzialmente di ricondurre l’erogazione in oggetto ai bonus qualitativi e, di conseguenza, assoggettare ad Iva interamente il premio ricevuto. Si segnala che le direttive ministeriali hanno trovato avallo nelle pronunce della Giurisprudenza di Legittimità rese note con la sentenza n. 20636 del 31 luglio 2019 e la precedente ordinanza n. 16128 del 28 giugno 2017.

REGIME REDDITUALE
In termini generali, il bonus fedeltà erogato dalla ditta mandante all’agente rappresenta una vera e propria provvigione che si distingue dalle “normali” solo per il suo carattere straordinario. Pertanto, il trattamento ai fini delle imposte è analogo a quello delle ordinarie provvigioni percepite dall’intermediario.

Sull’importo erogato la committente provvederà ad effettuare, ai sensi dell’art. 25-bis, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la ritenuta a titolo d’acconto del 23%, rientrando il bonus nell’ambito delle provvigioni “…comunque denominate…” per le prestazioni inerenti ai rapporti di commissione, agenzia, mediazione e rappresentanza di commercio.

Una conferma all’obbligo di assoggettare a ritenuta il premio che la società eroga, in qualsiasi forma, all’intermediario si ricava peraltro dal contenuto della circolare ministeriale 10 giugno 1993, n. 24, tenuto conto che, si legge nel documento, “…la provvigione da assoggettare a ritenuta è costituita anche da ogni altro compenso inerente all’attività prestata dagli agenti...” tra cui sono certamente ricompresi i bonus fedeltà concessi in aggiunta alle provvigioni stabilite contrattualmente.

RILEVANZA PREVIDENZIALE
Per quanto riguarda l’aspetto previdenziale la Fondazione ENASARCO, con espressa indicazione contenuta nel portale QUI ha chiarito che la base di calcolo per i contributi è costituita da tutte le somme dovute a qualsiasi titolo all’agente, tra cui rientrano espressamente le provvigioni, i rimborsi spese, le indennità di mancato preavviso e i premi di produzione. Pertanto, i compensi corrisposti agli agenti come premi saranno soggetti a ritenuta previdenziale; ciò appare coerente con l’intero impianto normativo ed interpretativo tenuto conto dell’onnicomprensività del concetto di provvigioni.

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